menti in fuga - le voci parallele

menti in fuga - le voci parallele / menti critiche / @Giovanni_Dursi / Atomi reticolari delle "menti critiche", impegnati nella trasformazione sociale e "messa in questione del rapporto tra la forma capitalista (intesa come Gestalt, come forma della percezione) e la potenza produttiva concreta delle forze sociali, particolarmente la potenza dell’intelletto generale"

sabato 20 febbraio 2016

Il rumore dei media, il silenzio di dio e la guerra

“Era nemico del loro nemico, è vero,
ma c’era in lui una colpa che non ha perdono.”
(Bertold Brecht, L’abicì della guerra)
In un intervento pubblico tenutosi alcuni anni fa ed enfatizzato dalla stampa e dal "circo" mediatico, Karol Wojtyla si è pronunciato sul "silenzio di Dio, che non si rivela più e sembra essersi rinchiuso nel suo cielo, quasi disgustato dall’agire dell’umanità”.
Il terrificante messaggio di un dio silente, pronto alla tempestosa collera che abbandona l’umanità al proprio delirio babelico è stato sbrigativamente liquidato dai media come sermone generalista (prodotto immateriale “buono” per stigmatizzare la guerra, la distruzione dell’habitat, il presunto deficit etico nella sessualità, la clonazione). Crediamo invece che l’inquietante messaggio interroghi profondamente tutti gli aspetti della cristianità, oltre a quella parte di mondo laico che fonda i propri valori culturali e morali trascendendo una prospettiva esclusivamente autoidentitaria e autoreferenziale. Papa Wojtyla, consapevole, e noi con lui, della decadenza (nel linguaggio dell'economia, degenerazione iperliberista) che caratterizza l’occidente capitalista, la denuncia come il male attuale che l’umanità non è più in grado di sanare, al limite di un epocale harahiri. L’annuncio dell’Apocalissi spirituale, preludio della catastrofe planetaria è, non a caso, accompagnata dai ripetuti e condivisibili ultimi interventi del papa a favore della pace. Ma questi ultimi appaiono, constatati il silenzio e l’assenza di dio, fautori di una pace costruita in nome proprio, in una prospettiva orizzontale totalmente immanente. Viene aperto, in questo nuovo millennio, uno scenario filosofico di tipo tolemaico, dove l’essere umano è al centro con un sole spento che gli gira intorno. Nuove e, fino a poco tempo fa, impensabili alleanze sono possibili nella rappresentazione di un improbabile neo-illuminismo che ora sembra accomunare Chiesa cattolica e sinistra no-global. Entrambe sembrano dimenticare che lo straccetto di Gino Strada ha sostituito la stretta di mano a Pinochet di ieri, che l’intervento in favore della pace di oggi è in contraddizione con l’interventismo espresso da Giovanni Paolo II nell'omelia in occasione del Giubileo dei militari e delle forze di polizia, nel novembre del 2000, che vogliamo ricordare: «La pace è un fondamentale diritto di ogni uomo, che va continuamente promosso, tenendo conto che gli uomini in quanto peccatori sono e saranno sempre sotto la minaccia della guerra fino alla venuta del Cristo. Talora questo compito, come l'esperienza anche recente ha dimostrato, comporta iniziative concrete per disarmare l'aggressore. Intendo qui riferirmi alla cosiddetta "ingerenza umanitaria", che rappresenta, dopo il fallimento degli sforzi della politica e degli strumenti di difesa non violenti, l'estremo tentativo a cui ricorrere per arrestare la mano dell'ingiusto aggressore».
Senza entrare nel merito della variabile, nella storia della Chiesa, dell'opportunità politica dei diversi “expedit” o “non expedit”, emerge il dato terribile che la morte di dio, già profetizzata da Nietzsche, è stata questa volta annunciata dal "megafono vaticano", che utilizza a pieno titolo e a piene mani il sistema dell'informazione multimediale per amplificarsi. Viene spontaneo chiedere che, a questo proposito, ognuno parli per sé. Cos’hanno da dire sul silenzio di dio le migliaia di giovani riunite, solo due anni or sono, per un giubileo festoso e rumoreggiante? E tutti coloro, e crediamo siano tanti, che, nell’ascolto dell’altro e nel silenzio di sé, lottano per la pace attraverso la costruzione di un punto di vista che trascenda il proprio ? Forse è Iannacci, in una sua vecchia canzone che può inconsapevolmente indicarci la soluzione del paradosso teologico di un Verbo muto, di un Logos afasico quando ricorda che “bisogna avere orecchio, bisogna averne un sacco, tanto, anzi parecchio…”. L’esperienza dell’ascolto è possibile a partire dal silenzio, non di un eventuale Dio, ma del nostro, mettendo a tacere le chiacchiere rumoreggianti, individuali e collettive, tipiche dell'alienante sistema dominante dell'informazione. Si presentano sempre più come “rumore dei media” che diviene omologante informazione del dominio che tutto cerca di coprire, anche i pensieri più personali e le più intime convinzioni. Viene da chiedersi se tale incessante rumore di fondo non sia uno strumento di persuasione alla conformità, che, garantendo spazi identitari di “buonismo”, purchè controllato, eterodiretto e collettivo, cerca di mettere in realtà al bando ogni divergente esperienza di libertà individuale. Non è il silenzio di dio che ci preoccupa, tappa obbligata fra l’altro di ogni autentica esperienza spirituale, ma la chiassosità di proclami invadenti e unilaterali sulla nostra personale identità. Inoltre, nella ricostruzione di “fronti”, siano anche ispirati da valori encomiabili come quello della pace - che, in definitiva, si gioca sul terreno economico piuttosto che prepolitico -, c’è sempre il rischio di inceppare in meccanismi identitari di gruppo che, nella riconferma di sé, escludono l’altro.
Esclusione non solo del nemico guerrafondaio, ma anche di qualsiasi verticalità che, al di fuori di noi, concorra ad ispirare le nostra azioni. Se dio tace, parliamo noi, se ci abbandona alla guerra, qualcuno ha sempre un Papa che lavora per tutti. Il rischio vero è che la secolarizzazione della Chiesa cattolica vada di pari passo con la riconferma di sé di chi si pensa nel giusto. Se l’abbandono dell’umanità al suo destino da parte di dio appare motivato dagli avvenimenti degli ultimi anni, appare ancora più stridente l’autoesaltazione dei vari e mutevoli “fronti” per la pace. Come se la guerra fosse sempre e comunque voluta da altri e non riguardasse profondamente ciascuno di noi nella sua più intima essenza, nell'aderire o meno ad una concezione del proprio essere al mondo basata sul profitto. Consapevolezza, questa, che solo lo sguardo autocosciente coltivato nel personale spazio interiore può far scaturire: forse in quello spazio, religioso o laico che sia, dio può parlare ancora.
 Giovanni Dursi - 08-04-2003 - By 
http://www.didaweb.net/fuoriregistro/leggi.php?a=2658

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