menti in fuga - le voci parallele

menti in fuga - le voci parallele / menti critiche / @Giovanni_Dursi / Atomi reticolari delle "menti critiche", impegnati nella trasformazione sociale e "messa in questione del rapporto tra la forma capitalista (intesa come Gestalt, come forma della percezione) e la potenza produttiva concreta delle forze sociali, particolarmente la potenza dell’intelletto generale"
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giovedì 16 agosto 2018

Bikini

Secondo una certa linea di pensiero, quella occamistico-empirista, solo gli individui esistono, le idee generali essendo “flatus vocis”, o costruzioni mentali.
Eppure, mirando intorno, l'omologazione fisico-estetica, la standardizzazione dei comportamenti, la banalizzazione dei linguaggi usati per “comunicare”, l'uniformazione dei pensieri e delle emozioni rendono massificato, quasi indistinguibile il “proprio modo d'essere”. Originalità vo' cercando.
D'altro canto l’esser-un-individuo è davvero qualcosa di più immediato, di riscontrabile, di più facile da capire di un universale, di un collettivo, o, più banalmente, “e parte sermonis”, di un nome comune?
Quando fermarsi nell’analisi per trovare l’in-dividuo, ciò che non si può più dividere?
Per gli organismi viventi in fondo la cosa è dominabile, perché fa da discriminante quella misteriosa cosa che è chiamata “vita”.
Così sembra plausibile che un cane, o un cavallo, siano un individuo, e non un insieme di molecole: tagliandolo a pezzi, il cavallo “muore”.
Viceversa per le cose inanimate il problema pare di tutt’altra natura.
Un tavolo è un individuo o un ammasso di legno, o di molecole, o di atomi, o di particelle sub-atomiche, o, persino, nemmeno di materia, ma di materia/energia?
Secondo una certa altra chiave di lettura, un individuo è una astrazione metaempirica al pari di una categoria: in realtà noi esperiamo sempre e solo dati sensibili, e solo attraverso la percezione e la concettualizzazione li organizziamo poi in individui e collettivi.
Così l’individuo sarebbe una astrazione, un punto limite mai esperito, mentre il nostro vissuto si svolgerebbe entro una dimensione intermedia, un fascio di sensazioni simile alla primordiale broda cartesiana.
Quindi, ci si illude di vedere bikini, quel bikini in particolare, quella peculiare “forma” d'esistenza. Pensare di “vedere” l'oggettività, di “leggere” la sua struttura, contiene già in nuce quella vocazione di liberalismo esistenziale, che produce distanze, dalla verità. Ciò è esclusiva e inconsapevole condizione della solitudine di un “individuo” che s'affanna a capire il mondo. Del resto, la mentalità diffusa preannuncia direttive spirituali per l'intera umanità alle quali conformarla coercitivamente.
L'omologazione fisico-estetica, la standardizzazione dei comportamenti, la banalizzazione dei linguaggi usati per “comunicare”, l'uniformazione dei pensieri e delle emozioni sono anche la materialistica testimonianza della formazione di una gruppalità sociale, che venne storicamente costituendosi, a testimonianza del notevole livello di immaturità e di deprivazione culturale, facendo, dei consistenti gruppi sociali subalterni, davvero entità umane periferiche nel generale processo di incubazione della sempre mutevole barbarie.

giovedì 11 maggio 2017

IL MIO NOME È CORTO, CORTO MALTESE ... 20 maggio 2017 sulla costa adriatica

IL MIO NOME È CORTO, CORTO MALTESE

MARINAIO AVVENTURIERO GENTILUOMO DI FORTUNA

Progetto d’Alternaza scuola / lavoro (c. 33 – 43 L. n°ー 107/2015) Classe IV “C” Liceo delle Scienze umane « LA FILIERA DELLA CONOSCENZA – Produzione e commercializzazione del libro dalla cultura gutenberghiana a quella digitale » – Step: POSEIDON CULTURE Conservation plan – Il mio nome è corto, Corto Maltese” a cura del Centro di educazione e formazione S. Giorgio Scuola Cooperativa sociale a mutualità prevalente. Invito alla partecipazione all’iniziativa formativo-culturale di Sabato 20 Maggio 2017.

50 anni del personaggio di Corto Maltese

nato dalla creatività di HUGO PRATT

Sabato 20 Maggio 2017

Costa dei Trabocchi FOSSACESIA (CH) ORE 8:30
TRABOCCO PALOMBO ORE 13:30
VILLA MAYER – PARCO DEI PRIORI – FOSSACESIA (CH) ORE 16:00
(di fronte all’Abbazia di S. Giovanni in Venere)
Disegni di Piero Caruso – Immagini di Hugo Pratt – Film Produzione ITALIA-FRANCIA
Musica live: Simone D’Andreagiovanni (chitarra classica)
Simone Marini (fisarmonica e bandoneón)
Aspetti organizzativi e d’animazione
a cura della Classe IV Sez. “C” Liceo delle Scienze umane
in attività d’alternanza scuola – lavoro
Organizzazione:
SAN GIORGIO SCUOLA EDUCAFORM – PESCARA
LICEO STATALE G. MARCONI di PESCARA
TEMA CONDUTTORE: Conoscenza del personaggio CORTO MALTESE, (Marco Steiner ha lavorato per ben 13 anni con HUGO PRATT) – Propensione al VIAGGIO, curiosità verso il MISTERO, inclinazione a guardare oltre le apparenze. Corto, moderno Ulisse s’inserisce nella costellazione dei grandi viaggiatori, dei visionari che sognano la magia dell’oriente, degli uomini che considerano l’AVVENTURA come una pulsazione essenziale per creare e rigenerare la vita stessa, di coloro che considerano il viaggio non come raggiungimento di una meta, ma come un percorso fisico e spirituale. La Curiosità di Corto Maltese è importante per affrontare percorsi che rasentano il limite tra sogno e follia perché sa che ogni cambiamento non sarà altro che un ulteriore passaggio. Tra le letture preferite di Corto (anche se spesso lo fa addormentare) c’è L’Utopia di Tommaso Moro, filosofo londinese. Non è un caso. In quel libro si narra di un navigatore, tal Raffaele Itlodeo, che scopre un’isola ideale, l’isola di Utopia, appunto, che vuol dire “In nessun luogo”. Tommaso Moro denunciava le società che prima creano i ladri e poi li puniscono. Corto invece ci vive tra i ladri, senza illusioni. Combatte i criminali perchè fanno venale mercimonio di tutto ciò che nutre i sogni, cioè la vita.
“…Tutti gli uomini sognano, ma non nello stesso modo. Quelli che sognano di notte, nelle pieghe polverose dei loro pensieri, si svegliano di giorno e sognano che tutto era vanità. Ma quelli che sognano di giorno sono uomini pericolosi, poiché possono vivere il loro sogno ad occhi aperti per renderlo possibile” (Rif. a T. E. Lawrence)
INTERVENTI:
  • MARCO STEINER – SCRITTORE DEI ROMANZI «OLTREMARE», «IL CORVO DI PIETRA» e «L’ULTIMA PISTA», SELLERIO, PALERMO, CADMO, FIRENZE
  • PIERO CARUSO RICERCATORE SCIENTIFICO IN CIVILTÀ E SOCIETÀ DEL MEDITERRANEO
  • GIOVANNI DURSI DOCENTE M.I.U.R di Filosofia e Scienze umane: Il viaggio: Aspetti antropici, biopsichici e filosofici
  • BARBARA FRANCESCA PAMBIANCHIPROGETTO POSEIDON SAN GIORGIO SCUOLA di PESCARA
  • MARIA DI DEDDADOCENTE M.I.U.R di Filosofia e Scienze umane: Referente Progetto d’A SL « LA FILIERA DELLA CONOSCENZA – Produzione e commercializzazione del libro dalla cultura gutenberghiana a quella digitale »
MUSICHE:
  • SIMONE D’ANDREAGIOVANNI Esecuzione di brani con la chitarra classica
  • SIMONE MARINI – Esecuzione di brani con fisarmonica e bandoneón
MOSTRA d’acquerelli e tempere su CORTO MALTESE dell’artista PIERO CARUSO (Collezione privata 2013-2017)
IL MIO NOME È CORTO, CORTO MALTESE
MARINAIO AVVENTURIERO GENTILUOMO DI FORTUNA
50 anni del personaggio di Corto Maltese
nato dalla creatività di HUGO PRATT
Sabato 20 Maggio 2017

PROGRAMMA DELLA GIORNATA:

SABATO 20 MAGGIO 2017 Dalle 8:30 alle 20.30 – COSTA DEI TRABOCCHI
● RITROVO PRESSO SEDE LICEO MARCONI ORE 8:30
● PARTENZA degli studenti in AUTOBUS PER IL BORGO ACQUABELLA RISERVA NATURALE ACQUABELLA ORTONA ORE 8:45
● ARRIVO AL BORGO DEI PESCATORI DEL 1700 CONTRADA MORO ORE 9:45
● PASSEGGIATA STORICA E NATURALISTA FINO ALLE ORE 12:00 (BASILICA DI SAN MARCO-BORGO- STORIA DEI PESCATORI dell’800 e 900)
● PARTENZA PER IL TRABOCCO PALOMBO (FOSSACESIA MARE) – INCONTRO CON I RELATORI – TECNICHE DI PESCA E FUNZIONAMENTO DEL TRABOCCO DALLE ORE 12:00 alle ORE 13;:00
● PRANZO COMUNITARIO SUL TRABOCCO CON L’AUTORE MARCO STEINER ORE 13:30 – 15:30 (per la scuola: euro 20 a persona per tutti i partecipanti, max n° 60)
● PRESENTAZIONE “IL MIO NOME È CORTO, CORTO MALTESE” DALLE Ore 16:00 alle 19:00 presso IL PARCO DEI PRIORI DI FOSSACESIA (CH) VILLA MAYER – VISITA DELL’ABAZZIA DI SAN GIOVANNI IN VENERE (XII SECOLO) DALLE Ore 19.00 alle 20:00
● PARTENZA PER PESCARA LICEO MARCONI ARRIVO PREVISTO Ore 20.15 circa.
Aspetti organizzativi e d’animazione a cura della Classe IV sez. “C” Liceo delle Scienze umane in attività d’alternanza scuola – lavoro
PATROCINIO e SPONSOR DELLA MANIFESTAZIONE
COMUNE DI FOSSACESIA (CHIETI) – Patrocinio
B/B VILLA LETIZIA PESCARA
BRUNO VERI’ COSTA DEI TRABOCCHI – FOSSACESIA (CH)
PROGETTO POSEIDON SAN GIORGIO SCUOLA
Nel corso del secondo anno di attività d’alternanza scuola – lavoro (c. 33 – 43 L. n°ー 107/2015) della Classe IV “C” Liceo delle Scienze umane, la collaborazione con il Centro di educazione e formazione S. Giorgio – nella realizzazione del percorso progettato, attuato, verificato e valutato, sotto la responsabilità dell’Istituzione scolastica, sulla base di apposite convenzioni – genera un successivo step che valorizza l’apprendimento degli studenti relativo ad una circostanza organizzativa di un evento culturale agendo con forte valenza orientativa correlata al “Repertorio delle qualificazioni e dei profili professionali della Regione Abruzzo” (Giunta regionale d’Abruzzo – Dipartimento sviluppo economico, politiche del lavoro, istruzione, ricerca e università), definite in coerenza con le indicazioni comunitarie e le disposizioni nazionali vigenti.
In particolare, nell’intera giornata di Sabato 20 Maggio 2017, gli studenti saranno impegnati nella realizzazione d’attività d’animazione culturale, finalizzate al rafforzamento della conoscenza del territorio e delle competenze relazionale ed organizzativa (gestire le informazioni e risorse disponibili, attuare ed eseguire compiti previsti, risolvere problemi e gestire i comportamenti) volte alla necessità di mantenere un tessuto sociale vivo, di valorizzare le tradizioni culturali, il patrimonio paesaggistico, specificità locali e contemporaneamente far dialogare questa valorizzazione con quella delle culture d’altra provenienza, in questo caso, artisticamente, letterariamente e storicamente evocate.
La giornata rappresenta un’opportunità di
  1. conoscenza del personaggio Corto Maltese, (sarà presente Marco Steiner che ha lavorato per ben 13 anni con Hugo Pratt che presenterà “Il mio nome è corto, Corto Maltese” – MARINAIO AVVENTURIERO GENTILUOMO DI FORTUNA 50 anni del personaggio di Corto Maltese nato dalla creatività di Hugo Pratt),
  2. verificare la propensione al viaggio, l’esercizio della curiosità verso l’ignoto e l’inclinazione a guardare oltre le apparenze
  3. attraversare ed esplorare il BORGO ACQUABELLA RISERVA NATURALE ACQUABELLA di ORTONA, il Borgo dei pescatori (1700) in CONTRADA MORO, il Trabocco PALOMBO (Fossacesia al mare) e la passeggiata storico-naturalistica, contestualizzando il personaggio di Corto, moderno Ulisse, inserendolo nella costellazione dei grandi viaggiatori, dei visionari che immaginano la realtà d’Oriente
  4. valorizzare l’aspetto d’impresa degli uomini che considerano l’avventura come una pulsione essenziale per creare e rigenerare la vita stessa
  5. di considerare il viaggio non come raggiungimento di una meta, ma come un percorso fisico e spirituale coessenziale all’adattamento esistenziale contemporaneo

Il compito di realtà «avente caratteristiche di complessità di trasversalità» che gli studenti affrontano con tale iniziativa formativa «trasferendo procedure e condotte cognitive in contesti e ambiti di riferimento moderatamente diversi da quelli resi familiari dalla pratica didattica … [costituendo] il prodotto finale degli alunni su cui si basa la valutazione» (Linee guida), si presta alla corale partecipazione di tutti i Docenti, degli operatori dell'informazione e della promozione culturale e di tutti coloro interessati che dovranno segnalare alla Prof.ssa M. Di Dedda la loro adesione all’iniziativa.

sabato 22 aprile 2017

I am not your negro

Giovedì 27 aprile, alle ore 20:30, la Casa internazionale delle donne ospita la proiezione del documentario di Raoul Peck (2016). Presentano Igiaba Scego e Italiani senza cittadinanza.

Giovedì 27 Aprile 2017 ore 20.30
Sala Carla Lonzi, Casa internazionale delle donne
(secondo piano), via della Lungara 19, Roma
Proiezione del documentario 
I am not your negro
Di Raoul Peck (2016)

Presentano  

Igiaba Scego

  # Italiani senza cittadinanza

I Am Not Your Negro tocca le vite e gli assassinii di Malcom X, Martin Luther King Jr. e Medgar Evers per fare chiarezza su come l’immagine dei Neri in America venga oggi costruita e rafforzata.
Medgar Evers, morto il 12 giugno 1963. Malcolm X, morto il 21 febbraio 1965. Martin Luther King Jr., morto il 4 aprile 1968.
Nel corso di 5 anni questi tre uomini sono stati assassinati. Uomini importanti per la storia degli Stati Uniti d’America e non solo. Questi uomini erano neri, ma non è il colore della loro pelle ad averli accomunati. Hanno combattuto in ambiti differenti e in modo diverso, ma tutti alla fine sono stati considerati pericolosi perché hanno portato alla luce la questione razziale. James Baldwin si è innamorato di queste persone e ha voluto mostrare i collegamenti e le similitudini tra questi individui scrivendo di loro. E lo ha fatto attraverso lo scritto incompiuto Remember This House.


Storie di donne nell’Islam


Storie di donne nell’Islam

Sabato 22 Aprile 2017, alle ore 18, all’UDI proiezione del documentario “Vestita di nero” di Josep Morell. A seguire interventi di giornaliste ed esperte di Afghanistan.

venerdì 21 ottobre 2016

Intersex esiste



Per la Giornata Internazionale di sensibilizzazione alla realtà Intersex (Intersex Awareness Day) che si celebra il 26 ottobre vorremo invitarvi a diffondere il sito divulgativo www.intersexesiste.com, nato questa primavera dalla collaborazione tra Claudia Balsamo e Daniela Crocetti, appoggiata da CESD (Centro Europeo Studi sulla Discriminazione) e finanziata in parte del gruppo americano Astraea e dall’Intersex Fund.
Il sito è stato immaginato e realizzato da Comunicattive con una grande varietà di colori e forme, valorizzando il rispettoso lavoro che cerca di fare il progetto attraverso il sito: una definizione del termine ombrello Intersex, diverse categorie mediche che vi rientrano, le principali questioni di diritti umani che riguardano le persone intersex, link ai gruppi italiani e internazionali e anche alcune storie di vita.

L'intento era creare uno strumento che spiegasse, a prescindere da tutta la polemica sulla teoria di genere, che ci sono comunque realtà di variazioni naturali del corpo che vanno gestite con attenzione e rispetto.
Vi invitiamo quindi a visitare il sito www.intersexesiste.com e a diffonderlo inviando il link ai vostri contatti, postandolo sui vostri profili social e aggiungendolo nella sezione link dei siti in cui ritenete utile possa comparire.
Grazie del sostegno che vorrete e potrete dare al progetto,
Claudia Balsamo
Daniela Crocetti
Comunicattive
Qui la scheda portfolio del sito realizzato da Comunicattive

domenica 14 febbraio 2016

La Biblioteca di FEMMINILE PLURALE: Appunti di femminismo pro-sex

"Le persone istupidiscono all'ingrosso, e rinsaviscono al dettaglio" (W. Szymborska)

Proponiamo oggi la recensione/commento del testo di Gayle Rubin dal titolo “Thinking Sex: Notes for a Radical Theory of the Politics of Sexuality”. Inauguriamo con questo post un percorso che ci auguriamo proficuo attraverso i testi delle femministe cosiddette “pro-sex” con l’intento di esaminarne gli argomenti. Riteniamo che ciò sia essenziale per approfondire la discussione su certe tematiche come prostituzione e pornografia e per evitare i fraintendimenti, le mistificazioni e i qualunquismi. Le recensioni sono state preparate e redatte da Maria Rossi, che non possiamo che ringraziare di cuore.

Capitolo I: Gayle Rubin, Thinking Sex: Notes for a Radical Theory of the Politics of Sexuality*


rubin_charmed_circle_841-thumb-420x547-102245In  questo saggio, scritto nel 1984, l’antropologa femminista statunitense Gayle Rubin non si occupa precipuamente di prostituzione, ma di tutte le forme “non convenzionali” di sessualità.

L’autrice si propone di descrivere e di denunciare l’oppressione sessuale che trova espressione nelle leggi, nelle ideologie, nelle teorie psichiatriche e che si fonda sulla stratificazione gerarchica piramidale delle differenti tipologie di comportamento sessuale. Tale ordinamento pone al vertice la relazione eterosessuale monogamica, fondata sul matrimonio e finalizzata alla procreazione, che gode del più elevato grado di legittimazione e di riconoscimento sociale. Segue la relazione eterosessuale non consacrata dalle nozze, ma caratterizzata da stabilità. Lo statuto della masturbazione è ambiguo. Le coppie stabili di gay e di lesbiche si collocano ai bordi della rispettabilità, ma le relazioni omosessuali promiscue e incostanti occupano la posizione più elevata tra i comportamenti collocati sul fondo della piramide. Le “caste” sessuali più disprezzate includono i transessuali, i feticisti, i sadomasochisti, le sex workers , gli attori e le attrici pornografiche e, più in basso di tutti, gli adulti le cui pratiche sessuali trasgrediscono e travalicano le frontiere generazionali. Gli individui che appartengono a questi gruppi sono soggetti alla patologizzazione, alla criminalizzazione e alla stigmatizzazione dei loro comportamenti, alla restrizione della loro mobilità fisica e sociale, all’assenza di sostegno da parte delle istituzioni e si trovano anche ad affrontare difficoltà economiche a causa dei pregiudizi e del disprezzo che li circonda. I loro comportamenti sessuali sollevano ondate di panico morale che conducono spesso alla promulgazione di leggi repressive che li privano del diritto legale a consentire e a scegliere liberamente determinate pratiche.

Fin qui le riflessioni di Gayle Rubin risultano in larga parte condivisibili. Che ci piacciano o meno, le condotte sessuali qui enunciate non dovrebbero produrre la denigrazione, lo svilimento e la marginalizzazione di chi le pratica. Astenersi dal disprezzare e dall’emarginare gli autori e le autrici di determinati comportamenti sessuali (mi riferisco alle prostitute e alle attrici porno) non significa, però, rinunciare ad una valutazione assiologica di quelle condotte, fondata su un’etica femminista. In altre parole: io non disprezzo le prostitute, ma non intendo precludermi la possibilità di esprimere un giudizio negativo sulla prostituzione che, nella mia ottica di femminista, concorre a perpetuare l’ordine patriarcale. Gayle Rubin, però, vorrebbe proprio sollecitarci ad assumere un atteggiamento avalutativo, o meglio, ad accettare qualsiasi pratica sessuale “consensuale”.

Non solo. Quest’autrice sostiene che il pensiero femminista non sia in grado di comprendere l’organizzazione sociale della sessualità e ritiene che i criteri fondamentali di cui si avvale non gli consentano di valutare i rapporti di potere che trovano estrinsecazione nel campo sessuale.

Feminist thought simply lacks angles of vision which can fully encompass the social organization of sexuality. The criteria of relevance in feminist thought do not allow it to see or assess critical power relations in the area of sexuality (p. 170).
Ma allora perché le femministe pro-sex si pronunciano continuamente sulla questione? Ma, soprattutto, perché il femminismo non dovrebbe occuparsi del tema, dal momento che esso dispone degli strumenti concettuali necessari ad analizzare, rivelare e denunciare il dominio esercitato dagli uomini sulle donne e Gayle Rubin riconosce che anche nel campo sessuale si manifestano relazioni di potere?

L’antropologa statunitense offre questa risposta al nostro interrogativo. Il femminismo è la teoria dell’oppressione del genere, ma supporre che possa essere, automaticamente, anche una teoria dell’oppressione sessuale significa non porre alcuna distinzione tra sesso e genere, tra sesso e desiderio erotico, supponendo che quest’ultimo sia esclusivamente maschile, mentre la purezza sia un connotato femminile. Il sesso e il genere sono in relazione tra di loro, ma non sono identici e costituiscono la base di due aree distinte della pratica sociale. Ciò si oppone a buona parte del pensiero femminista attuale che considera la sessualità come semplice derivazione del genere, commettendo, secondo Rubin, un errore. Per esempio, le lesbiche sono perseguitate non solo in quanto donne, ma soprattutto in quanto omosessuali e quindi per le loro pratiche sessuali, la cui stigmatizzazione e sanzione penale le accomuna ai gay, ai sadomasochisti, ai travestiti, alle prostitute. 

Feminism is the theory of gender oppression. To assume automatically that this makes it the theory of sexual oppression is to fail to distinguish between gender, on the one hand, and erotic desire, on the other. […] Part of the modern ideology of sex is that lust is the province of men, purity that of women. But although sex and gender are related, they are not the same thing, and they form the basis of two distinct arenas of social practice. This goes against the grain of much contemporary feminist thought, which treats sexuality as a derivation of gender. For instance, lesbian feminist ideology has mostly analysed the oppression of lesbians in terms of the oppression of women. However, lesbians are also oppressed as queers and perverts, by the operation of sexual, not gender, stratification. Although it pains many lesbians to think about it, the fact is that lesbians have shared many of the sociological features and suffered from many of the same social penalties as have gay men, sadomasochists, transvestites, and prostitutes (pp. 169-170). 
In contrasto con quanto da lei precedentemente affermato nel saggio The traffic women, Rubin ritiene ora che sia essenziale analizzare separatamente genere e sessualità, trattandosi di due differenti aree sociali. Personalmente ritengo artificiosa la distinzione tra genere e sesso operata da Gayle Rubin. È inevitabile, infatti, che l’oppressione e le diseguaglianze di genere si ripercuotano anche nella sfera sessuale, plasmandola. Minore sarà il potere di cui dispone una donna e maggiore la sua dipendenza economica e affettiva dall’uomo, minore sarà il suo diritto a una sessualità non asservita alle istanze di godimento maschili. Da lei ci si attenderà l’esercizio di una sessualità “di servizio” che costituisce un mero corollario di quella oblatività, capacità di sacrificio, di annullamento di sé, di appagamento delle esigenze altrui che è tipicamente collegata, nella tradizione, al “genere” femminile. Come potete notare la connessione tra sesso e genere esiste. Eccome!

Nel 2010 è stata effettuata una ricerca sulla sessualità degli italiani, coordinata dal sociologo Marzio Barbagli, che mostra quanto sia stretto il nesso tra sesso e genere. Per esempio: i rapporti anali risultano praticati dal 40% delle coppie (molto più che all’estero), ma amati soltanto dal 19% delle donne. La deduzione che ne traggono gli autori della ricerca è la seguente:

Questa curiosa peculiarità italiana ci sembra riconducibile a due diversi fattori. Il primo è che nel nostro paese le diseguaglianze di genere sono maggiori che altrove. Il fatto che le donne italiane si masturbino e pratichino la fellatio meno di quelle inglesi, francesi e americane e i rapporti anali molto più di loro non è una contraddizione, ma dipende dalla situazione di maggior dipendenza dal partner in cui si trovano. Infatti, come abbiamo visto, la pratica anale è tanto desiderata e richiesta dagli uomini quanto avversata dalle loro compagne. Il secondo fattore è costituito dalla tradizione storica.

Strettamente connessi al genere sono l’aspettativa di una totale e permanente disponibilità sessuale della donna, così come la sua riduzione ad oggetto erotico.

Quanto alle lesbiche, esse sono certo perseguitate a causa delle loro pratiche, ma, a mio parere, proprio perché queste trasgrediscono platealmente le norme, oltre che eterosessuali, di “genere” che caratterizzano le donne come esseri complementari agli uomini, che abbisognano di una presenza maschile per essere complete e che sono inclini ad una sessualità volta ad appagare i desideri dei partner di sesso opposto e finalizzata alla procreazione (che, per la verità, può riguardare anche le donne omosessuali). Le lesbiche si sottraggono al potere degli uomini: anche per questo non sono amate dai maschilisti e dai fondamentalisti di tutte le religioni.

La prostituzione, poi, mostra quanto sia forte l’interrelazione tra sesso e genere, a partire dal fatto che è esercitata prevalentemente da donne. “A livello simbolico la prostituzione è accettazione del ruolo femminile che il patriarcato ci assegna”, come giustamente afferma Ferdinanda Vigliani. E’ espressione di una sessualità, assai tradizionale, al servizio dei desideri maschili ed è l’emblema della riduzione del “genere ” femminile a corpo sessuato.

La distinzione tra genere e sessualità istituita da Rubin è, dunque, capziosa e non giustifica la pretesa di sottrarre al femminismo il diritto di elaborare teorie e di esprimere giudizi su questo importante campo di esperienza.

Quali sono i criteri (non femministi) che dovrebbero ispirare un’etica sessuale democratica e che dovrebbero

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consentirci di valutare come “buono” un determinato rapporto? Essi sono: il reciproco livello di considerazione e il modo in cui i partner si trattano, la presenza o l’assenza di coercizione e la quantità e qualità del piacere che apporta uno specifico atto.  Basterebbe quest’ultimo criterio (il piacere) per escludere la prostituzione dai rapporti sessuali “positivi”, giacché la mercificazione del proprio corpo non è finalizzata né conduce al godimento. Ma la prostituzione non soddisfa neppure altri parametri: come il rispetto reciproco. Questo tipo di rapporto, infatti, incorpora spesso il disprezzo del cliente come forma di dominio sulla prostituta. Per non parlare poi delle molteplici tipologie di violenza (fisica, sessuale, psicologica), fino all’omicidio cui è esposta la persona prostituita.

La questione cruciale della coercizione e della libertà di scelta, invece, costantemente agitata dalle femministe pro-sex, merita un’approfondita riflessione che vorrei compiere, con il vostro aiuto, alla fine del mio excursus sul pensiero di queste intellettuali favorevoli alla prostituzione.

Quali critiche rivolge Gayle Rubin alle femministe contrarie alla prostituzione e alla pornografia? Le accusa, con toni molto duri, di conformarsi ad un’etica sessuale molto conservatrice e puritana, identica a quella che ispira i cattolici più retrivi:

Nevertheless, the current feminist sexual demonology generally elevates the anti-vice crusaders to positions of ancestral honour, while condemning the more liberatory tradition as antifeminist (p. 166).

In realtà, è la Chiesa che negli ultimi anni ha mutuato dal femminismo argomenti contro la prostituzione (condanna della tratta, della mercificazione del corpo, della riduzione della donna ad oggetto sessuale), affiancandoli alle tradizionali proibizioni della sessualità praticata fuori dal matrimonio e non eteronormata.

Ad ogni modo, l’etica femminista è imperniata sulla lotta all’ordine patriarcale: è questo presupposto che la distingue da qualsiasi altra concezione morale.

Per quanto concerne la pornografia, la nostra antropologa, lungi dal volerla combattere in quanto espressione del dominio sessuale maschile e della sottomissione femminile, sollecita le donne a parteciparvi attivamente come consumatrici e come produttrici (p. 170). In tal modo, evidentemente, anche le donne saranno coinvolte nell’esercizio della dominazione, come se obiettivo del femminismo fosse l’inversione, non la soppressione del potere di un genere sull’altro.


Infine, non è affatto inutile rilevare come, nella sua ansia di liberare la sessualità da qualsiasi tabù e divieto, Gayle Rubin perviene ad auspicare l’abolizione della legge che proibisce l’incesto tra adulti ed esprime forti critiche sul divieto della pornografia infantile (per la pornografia infantile p. 146):

Sodomy laws, adult incest laws, and legal interpretations such as the one above clearly interfere with consensual behaviour and impose criminal penalties on it (p. 168).

È da rilevare, inoltre, che Rubin impiega l’espressione ambigua “Intergenerational Sex” per indicare rapporti, per lei pienamente legittimi, tra minorenni e maggiorenni, proponendo l’esempio di una relazione amorosa e consensuale tra una diciassettenne e un ventiduenne. Nulla di male, dunque. L’espressione, però, verrà successivamente adottata per indicare con un eufemismo e, sostanzialmente, legittimare la pedofilia, come in questo documento.

*  Il testo di Rubin è stato pubblicato originariamente nel volume Pleasure and Danger, (Routledge & Kegan, 1984) e si può trovare qui [Thinking Sex: Notes for a Radical Theory of the Politics of Sexuality]

 Fonte: https://femminileplurale.wordpress.com/

sabato 13 febbraio 2016

Cosa è la pornografia ? (By Anna Stefi)


Con quasi dieci anni di ritardo è stato tradotto in italiano, con titolo La fine del desiderio (Oscar Mondadori), il libro in cui Michela Marzano affronta il discorso pornografico, mostrando quale visione dell’essere umano sottenda e che rapporto abbia con il desiderio, la sessualità umana, il corpo e la contraddizione che questo esibisce (“io sono in questa mano e non ci sono”, come è la stessa Marzano a ricordare ne La filosofia del corpo citando Paul Valery, e dunque il nostro non essere riducibili al corpo e insieme l’impossibilità di liquidare il nostro rapporto con la corporeità nei termini di un mero “avere un corpo”).


Se c’è una cosa che non manca ai testi della filosofa è la chiarezza e insieme la volontà di affrontare in concreto i problemi su cui si interroga, radicando nel vissuto e nel tessuto sociale le proprie riflessioni e attraversando la tradizione filosofica con uno sguardo capace di restituirle attualità. I suoi testi ci riguardano e offrono alcune chiavi di lettura, e strumenti, per orientare i nostri imbarazzi e le nostre contraddizioni; l’analisi comparata di film e romanzi aiuta infatti a dare corpo a delle categorie sfuggenti, in un campo dove le definizioni non sono nette né facili, come mette in evidenza l’asserzione provocatoria di Alain Robbe-Grillet: “La pornografia è l’erotismo degli altri”.

Altro merito del libro è quello di non fare mistero di una certa fatica nell’affrontare un discorso, quello relativo a pornografia ed erotismo, così ricco di implicazioni storico, sociali, etiche e politiche, e insieme così prossimo alla nostra intimità, così inscindibile da quell’io che siamo al di là e prima di ogni razionale valutazione degli elementi in campo.


Punto di partenza delle riflessioni è una domanda: è ancora possibile distinguere pornografia ed erotismo? Lo sguardo critico nei confronti delle rappresentazioni pornografiche non è volto a occultare la sessualità, ma a riflettere sulla possibilità di parlarne altrimenti: per Michela Marzano il punto non è censurare la rappresentazione del corpo, ma restituirle un potere che le immagini pornografiche le sottraggono. Le immagini pornografiche infatti, mettendo in campo non un incontro di soggetti ma corpi giustapposti, negano la sessualità, poiché non consentono quell’uscita dalla padronanza di sé, quella desoggettivizzazione, che Bataille indica come condizione del passaggio dallo stato normale a quello del denudamento erotico (“uscita dalla condizione dei corpi, corrispondente al possesso in sé, alla padronanza del proprio io, inteso come individualità durevole e affermata”).


La pussylight è luce che illumina il sesso femminile: la voragine, il buco, il sacro. La pornografia contemporanea apre il corpo e pretende di occultare il mistero della carne. Vedere tutto, toccare tutto senza che nulla lasci intendere un di più che chiami in causa l’immaginario dello spettatore, “l’immondizia che ognuno si porta dentro”. Baudrillard in Della Seduzione parla di “abbondanza di realtà”: “lo si vede troppo da vicino, ci si scorge quello che non si era mai visto […] tutto è troppo vero”. Esposizione, disponibilità totale: non vi è scarto tra ciò che è e ciò che è offerto, e questo elimina la possibilità stessa dell’erotismo che si fonda sulla tensione tra divieto, limite, e trasgressione. Tutto è gridato, ci viene consegnato un immaginario già fabbricato a cui dobbiamo sottoporci, prova del perfetto funzionamento, foucaultianamente, del dispositivo di sessualità che, costruendo il sesso come desiderabile, ci ha imprigionato nei suoi meccanismi di controllo e potere.


“L’immaginazione è ‘forclusa’”, continua Michela Marzano, non solo nella pornografia contemporanea, attraverso la sovraesposizione dell’atto sessuale, ma anche in quella classica, basata su un’estetica iperrealista che, ripetitiva, monotona, codificata, esibisce la propria inautenticità poiché mira a ridurre lo spettatore alla propria eccitazione, imprigionando la fisicità del corpo e delle pulsioni: la pornografia fissa un corpo smembrato; il volto, dunque l’altro, manca, ridotto a bocca orifizio, e assenti sono le storie.


La visibilità assoluta e l’esposizione senza filtro: la filosofa parla di una vera e propria ideologia della trasparenza, un desiderio di eliminare l’opacità del reale. Tuttavia la cancellazione della barriera tra dentro e fuori “non consente una visione panottica dell’oggetto, ma lo nega in quanto tale, eludendo la sua carne”. La trasparenza della pornografia elimina il mistero della nudità: quel che rende pornografico il racconto della propria vita sessuale di Catherine Millet (La vie sexuelle de Catherine M.), uno degli esempi analizzati ne La fine del desiderio, non è l’offerta della propria sessualità in modo brutale e nitido, ma la pretesa di eludere la questione del senso, esaurendo sulla carta tutta la storia, non mantenendo alcun nucleo inaccessibile, non risparmiando lo spazio della propria intimità.


A questo proposito si può ricordare quel che dice Monique Selz in Il pudore: svelare quel che è nascosto significa scalzare le fondamenta stesse dell’esistenza; il compito del pudore sarebbe allora quello di consentirci di preservare uno spazio di non detto e non mostrato essenziale per l’istituirsi dell’identità di ciascuno. Certamente i limiti dell’involucro costituiti dal pudore sono fluttuanti e, come scrive la psicoanalista, “lo spazio disegnato è a geografia variabile”, ma riconoscere l’esistenza e la necessità del mantenimento di un mistero è il cuore di un discorso critico che cerca di sopravvivere alla fin troppo scontata accusa di conservatorismo e moralismo.

Come per Monique Selz così per Michela Marzano i parametri che guidano l’analisi non sono etici, il giudizio non è mosso da indignazione, disgusto o scandalo, ma dalla volontà di non tradire né sottovalutare il rapporto dell’io con il proprio desiderio e le implicazioni non solo sociali ma ontologiche: quello che è in gioco è la definizione stessa di soggetto e la filosofa, citando Étienne de La Boétie, sottolinea che se è certo vero che l’autonomia dell’individuo significa possibilità di disporre del proprio corpo, è altresì vero che esistono limiti invalicabili oltrepassati i quali l’uomo non sarebbe più né autonomo né degno (è il delicato problema della servitù volontaria, altro tema affrontato nel libro).


L’intimità, il segreto che ci riguarda, è ciò che ci consente di accedere allo status di soggetto, e rende possibile l’incontro in gioco nella sessualità, luogo paradossale ove ci si dà all’altro donando l’inalienabile, il proprio corpo, e si prende in carico la propria mancanza, il difetto che persiste. Nell’incontro l’altro si coglie e insieme sfugge sempre, il piacere erotico è sconfitta: l’altro rimane altro ma dà senso al desiderio consentendo al soggetto di tracciare i propri confini e dunque la propria identità. Ecco perché Michela Marzano può dire che il discorso pornografico abbatte l’argine della compassione, insieme a quello del disgusto (corpi spalancati e mescolanza di fluidi): se viene meno la distanza che consente di cogliere l’altro come soggetto, questi diviene corpo organico, animale, cancellate le tracce della sua umanità.

Quel che rende oscena la pornografia non è l’oggetto rappresentato ma le modalità della sua rappresentazione: L’amante di Lady Chatterley di Lawrence o L’impero dei sensi di Oshima sono nella seconda parte del libro presi come esempio di testi non pornografici, nonostante i dettagli non vengano risparmiati. Il mistero del desiderio che si fa trasgressione e si consuma nella morte è lasciato fuori dalla rappresentazione, nonostante lo spettatore penetri nella camera da letto degli amanti. In Histoire d’O invece la trasgressione è eliminata, il divieto soppresso, e non vi è possibilità di incontro. Oscena è la rappresentazione che tradisce una verità, quella cui rimanda il gesto pudico del coprirsi il sesso. Il nudo artistico, al contrario, svela senza infrangere l’intimità dei corpi, interpella lo sguardo dello spettatore mantenendo uno spazio interstiziale: disponibile e sempre sottratto risveglia il desiderio che è promessa senza garanzia di soddisfacimento (“la parte più erotica del corpo non è forse dove l’abito si dischiude?”, Roland Barthes).

Il tema del desiderio è punto cardine della riflessione sulla pornografia poiché dimensione essenziale dell’uomo: nella sua realtà contraddittoria e paradossale, spinozianamente conatus, ponendosi come spinta verso qualcosa che mai coincide veramente con l’oggetto che crediamo di desiderare, è segno della nostra mancanza ontologica, del nostro difetto strutturale. In Ritratti di desiderio Massimo Recalcati, per ricordare come etimologicamente la parola porti con sé la dimensione della veglia e dell’attesa, richiama una bella immagine del De Bello Gallico di Giulio Cesare: i desiderantes erano i soldati che aspettavano i compagni non ancora tornati dal campo di battaglia, li aspettavano senza certezza alcuna del loro ritorno. Vi è una condizione di vuoto, di perdita, di vertigine. La pornografia, immediata, totale, ripetitiva, automatica, spreca il desiderio.

Desiderio centrale anche nel suo rapporto con il divieto e la trasgressione: affrontando il tema della censura e del rapporto tra pornografia e adolescenza Michela Marzano sottolinea come il punto non sia tanto parlare di impudicizia o di vergogna, condannare, o peggio censurare, le opere pornografiche in nome dello scandalo, poiché questo non aggiunge nulla alla comprensione del fenomeno. Come la filosofa spiega con chiarezza nel testo, se non si può certo sostenere che le immagini facciano “fare” oltre che “vedere”, è altresì vero che immagini che trasformino lo spettatore in oggetto passivo, in mero ricettore di stimoli, invitandolo non già a simbolizzare ma piuttosto a eccitarsi, non aiutano lo svilupparsi di una dimensione critica, negano la dimensione interiore del soggetto che guarda e impongono una visione del corpo e dell’atto sessuale priva della componente del senso e del desiderio.

Distinguendo proibizioni e divieti, Michela Marzano sostiene la necessità di tracciare dighe etiche che impediscano condotte che comportino la perdita di autonomia dell’essere umano: il divieto non è istituito dalle proibizioni ma è un processo strutturante che consente di costituire il corpo nella sua unità e l’altro nella sua irriducibile alterità, ed è proprio il divieto a tracciare una barriera capace di preservare l’altro come distinto. Del resto è su questa distanza e separatezza che si fonda il desiderio, la volontà di trasgressione come spinta al superamento dei limiti. Il desiderio mette alla prova quelle barriere che, invalicabili, impediscono la distruzione e l’annullamento.


Il saggio intende mostrare, e ci riesce senza né semplificare né cedere a facili moralismi, le logiche sottese e gli impliciti presenti nel discorso pornografico che lungi dal liberare la nostra presunta sessualità inibita, non fanno altro che promuovere una realtà, per lo più modellata sul piacere maschile, per lo meno per quel che riguarda la pornografia mainstream, fatta di stereotipi, e che ci violenta e offende non già perché scandalosa e immorale ma perché ci pretende passivi e mina quel che fa di noi dei soggetti.


Mi sembra di poter suggerire allora, convinta anche che questa sia una delle ragioni per cui i confini delle categorie siano così labili e sfuggenti, che forse potremmo parlare di pornografia – se vogliamo dare a questo termine una valenza negativa distinguendolo dall’erotico – non tanto guardando al grado di indecenza che possiamo riconoscere in una rappresentazione, ma al grado di violenza che contiene in virtù della sua stereotipizzazione e della sua chiusura, del suo reiterare le logiche dominanti del potere e del controllo.



Il rischio altrimenti, archiviando come maschilista il panorama dominante, è di contrapporre per il femminile una visione che non prenda in carico la complessità del discorso sessuale. Non è un caso forse se si è accusato spesso il movimento femminista, in ogni campo, non solo quello sessuale, di assumere delle forme maschili, o se negli ultimi anni è emerso un discorso critico sul porno che nelle sue componenti estreme rivendica un’autarchia rispetto alla produzione e al consumo di materiale pornografico: riecheggiano gli accenti saffici, autonomisti, di una cinquantina d’anni fa, nel momento caldo del femminismo militante. Anche la politica si ammanta di pornoautonomia: basti il nome delle Pussyriot, di recente successo mediatico, cui si aggiunge la metafora del volto coperto dal passamontagna definito, guarda caso, preservativo.


Allora è quasi un presagio quando Recalcati rispondendo in occasione del Festival di Mantova a un intervento del pubblico, ha spiazzato l’auditorio pronunciando con un sorriso sornione una frase molto semplice ma che mi pare fondamentale all’interno di questo ambito di discorso: “E lei cosa ne sa che io sia un uomo”.

Con questa frase provocatoria quello che lo psicoanalista lacaniano ha inteso suggerire è che l’identità sessuale di un individuo è certo condizionata dall’anatomia e dal discorso sociale, ma non è da essi determinata in maniera inequivocabile, e dunque l’identità sessuale e i suoi bisogni sfuggono a qualsiasi stereotipia di cui la pornografia mainstream si fa portatrice.

Il problema allora non è tanto provare che il discorso pornografico non sia reificante per la donna mostrando che le donne sono consumatrici di porno, né sottolineare che una donna che ama la pornografia sia necessariamente vittima di un desiderio di rispondere alle aspettative di un discorso che non le appartiene, ma distinguere i modi del desiderio e del godimento sessuale e farsi carico di tale complessità.


‪I porno prodotti dalle attiviste del pornoterrorismo e i loro laboratori, per quanto possano piacere o meno, eccitare o meno, si possa condividerli o ritenerli poco efficaci, sono strumenti che intendono aiutare la donna, ma non solo, ad acquisire maggiore coscienza di sé e della propria sessualità, e sono sicuramente meno reificanti e offensivi di quanto possa esserlo un best-seller quale Cinquanta sfumature di grigio, che non offende per delle scene di sesso (per altro, ma è giudizio del tutto personale, non così efficaci), né per la natura sadomaso della relazione descritta, ma per la sua cornice da romanzo rosa, con tanto di speranza e desiderio di redenzione: come se il sogno delle donne potesse essere quello di salvare un miliardario bello e perfetto da un male che lo tormenta e lo rende sessualmente depravato, vedendo fino a che punto è possibile accettarne la violenza.


Questo, a differenza tanto de L’impero dei sensi quanto del saggio di Michela Marzano, ottunde la capacità critica delle donne (e degli uomini), ne offende l’intelligenza e l’immaginario. E annoia.
Fonte: 

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