Giordano
Bruno venne ucciso brutalmente, perché non voleva conformarsi,
sottomettersi a Verità presupposte ed assolute. Eretico, pertinace,
impenitente. Questa la condanna emessa dal tribunale della Santa
Inquisizione, presieduto personalmente dal papa. Ma eresia vuol
dire scelta! E per questo vogliamo essere eretici, perché come Bruno
siamo consapevoli che solo nella conquista dell’emancipazione umana
dalla soggezione mentale ed economica possiamo aspirare ad una società
di liberi e uguali.
COMUNICATO STAMPA
Anche
quest’anno, l’Associazione Nazionale del
Libero Pensiero “Giordano Bruno” ricorderà mercoledì 17 febbraio 2016, a
Roma in piazza Campo dei Fiori, a partire dalle ore 17.00, il grande filosofo
Giordano Bruno, che qui venne arso vivo il 17 febbraio del 1600, per volere
della Santa Inquisizione.
Giordano Bruno
venne ucciso brutalmente perché non voleva sottomettersi a verità supposte ed
assolute. Quel tribunale, presieduto dal Papa-re in persona, lo dichiarò
eretico.
Ma eresia vuol dire scelta! E
noi vogliamo continuare ad essere eretici, perché come Bruno abbiamo il “vizio”
di pensare. Nell’orgoglio laico del dovere dell’emancipazione da dogmi e
padroni. Perché il diritto umano alla libertà per la dignità di ciascuno sia
realizzato ed esteso ovunque.
Di fronte ai risorgenti
integralismi e alla violenza del terrorismo jihadista, questo anniversario del
martirio di Giordano Bruno, vuole rimettere al centro più che mai il valore
della Laicità.
Perché occorre chiamare ogni
cittadino all’impegno democratico contro la sopraffazione di chi, accampando
finanche copyright divini, vuole la
soggezione individuale e sociale degli esseri umani.
Accade nei
regimi teocratici, dove il fanatismo religioso arriva a diventare con i macellai
dell’Isis pornografia della tortura e della morte.
Accade in casa
nostra, dove il sogno di elevare a legge dello Stato i propri precetti non
sembra ancora dismesso, e diventa patetica pretesa di sigillare in stereotipi
sessisti e omofobi l’esclusione dal diritto di avere diritti.
La
Laicità è valore fondante delle democrazie e la nostra Costituzione repubblicana
la pone a suo principio supremo. Dobbiamo difendere questa conquista, perché
senza laicità non c’è democrazia, ma solo sopruso. Siamo chiamati allora, a non
smettere mai di vigilare sulle garanzie costituzionali, perché le regole
democratiche non vengano né aggirate, né manomesse.
Di tutto
questo parleremo a Piazza Campo de’ Fiori il 17 febbraio 2016, a partire dalle
ore 17.00 tenendo vivo lo straordinario insegnamento progressista e libertario
della filosofia bruniana.
Dopo la
cerimonia di deposizione delle corone di alloro con l’accompagnamento della
Banda Musicale del Corpo di Polizia Municipale del Comune di Roma e i saluti
istituzionali del Comune di Roma e di Nola, si svolgerà il convegno, “Nel nome
di Giordano Bruno. Senza Laicità non c’è Democrazia. Libertà Diritti Dignità Uguaglianza”.
Relatori:
Giuliano Montaldo, Maria Mantello, Elena Coccia, Antonio Caputo; Luigi Lombardi
Vallauri. Partecipazione artistica del Centro studi Enrico Maria
Salerno. Presenta Antonella Cristofaro.
Maria
Mantello,
Presidente della Associazione Nazionale del Libero
Pensiero “Giordano Bruno”
Né dogmi, né padroni! È il motto dei Liberi
Pensatori in tutto il mondo. Ed è impegno etico-politico-sociale per la
realizzazione della civile convivenza democratica, perché libertà e
diritti non sono oggetto di transizioni: né per il cielo, né per la
terra! Pensare, giudicare, scegliere significa essere
proprietari della propria vita. Tutto questo si chiama
autodeterminazione. Valore non negoziabile, che solo la laicità
garantisce. Niente è più ambizioso della laicità perché
permette il rispetto umano che ci dà dignità, che come aveva ben capito
Bruno, non è la proiezione ideologica di una presupposta “sacralizzata”
idea di dignità, ma diritto alla ricerca della propria felicità
nell’unica vita biologica di cui abbiamo certezza. Il pensiero
di Giordano Bruno costituisce infatti un insuperabile monito per
l’affermazione del diritto inalienabile alla dignità umana il cui
baluardo è oggi la nostra Costituzione repubblicana. La Costituzione,
contro la cui manomissione ci battiamo e che vogliamo sia applicata a
partire da quel suo principio supremo che è la laicità dello Stato.Non
è un caso che la Costituzione lo ponga a suo supremo valore. Non è un
caso, perché senza laicità c’è solo sopruso. Oggi siamo chiamati a
pretenderne la compiuta realizzazione, perché nessuno venga più
discriminato. Come scriveva Giordano Bruno nello Spaccio della bestia
trionfante: «non è possibile che tutti abbiano una sorte; ma è possibile
ch’a tutti sia ugualmente offerta». Ecco, per questo dovere alla parità
di accesso ai diritti lottiamo... nel nome di Giordano Bruno. (Maria Mantello)

di Maria Mantello
Il
17 febbraio del 1600, dopo lunghi anni di carcere e terribili
violazioni alla sua dignità, Giordano Bruno veniva fatto bruciare vivo
perché “eretico, pertinace, impenitente”... come recitava la condanna
del tribunale della Santa Inquisizione Romana presieduto personalmente
dal papa. Nello stesso giorno del suo martirio anche i suoi libri
venivano dati alle fiamme sul sagrato della basilica di S. Pietro. Il
filosofo veniva ucciso e i mandanti speravano di annientarne anche il
pensiero. Non a caso fu condotto al rogo con la lingua inchiodata nella
mordacchia. Ultima violenza, ultima profanazione al bene che egli
considerava massimo: la dignità di aver parola! La sua rivoluzionaria filosofia faceva paura, fa ancora paura perché è dinamite. -
Al principio divino, sostituisce la natura: materia madre che non
dipende da altri che da se stessa. È quindi perfetta, divina, nella sua
infinita vitale capacità di produrre forme. - Alla conoscenza
prefissata nel modulo dell’anima creata, sostituisce la fisicità della
mente corpo funzione biologica. Insomma come dirà Crick, lo scopritore
insieme a Watson della catena del DNA: «come la bile è una secrezione
del fegato, l’anima è una secrezione della mente». - Contro il
confessionalismo del precetto, rivendica la libertà dell’etica nella sua
autonomia ed autodeterminazione per ciascun essere umano. Perché
ognuno è proprietario della propria vita. Responsabile del progetto di
vita che vuole per sé. Comunque e sempre. - Ad un’estetica di
maniera che fagocita il contenuto nella pedanteria della regola,
contrappone il “pittore-filosofo”, che espropria all’ombra le cose e le
definisce e ridefinisce nella vertigine delle possibilità combinatorie
di significato e significante. - Alla politica del potere di alcuni, contrappone quella della cittadinanza nel diritto di avere diritti per tutti.
Il
pensiero di Giordano Bruno è elogio del dubbio e dell’antidogmatismo.
Un pensiero che rivoluziona ogni cosa e per questo ha fatto paura e fa
paura ancora a molti per la sua attualità straordinaria, costringendo a
fare i conti con le proprie piccolezze e ristrettezze mentali. Perché
non ammette zone grigie. Perché è un atto d’accusa contro
l’opportunismo, la pavidità, la rassegnazione, che producono, scrive
Bruno, il «servilismo che è corruzione contraria alla libertà e dignità
umana».
La sua filosofia fa paura perché è una condanna
inappellabile per chi vorrebbe l’umanità eterna minore: “gregge”,
“asino”, “pulcino”, “pulledro”. In uno stato di perenne infantilismo
alla ricerca di padri, padroni, padreterni.
Un’umanità in ginocchio
nella speranza del miracolo e delle intercessioni degli unti del
signore, che «stabiliscono il mio e il tuo» e nelle simoniache alleanze
sguazzano.
Bruno mette a nudo i meccanismi psicologici e
consolatori, che riducono gli uomini ad asini obbedienti che si fanno
«guidare – scrive – con la lanterna della fede, cattivando
(imprigionando, ndr.) l’intelletto a colui che gli monta sopra et, a
sua bella posta, l’addirizza e guida». «Figlio del Vesuvio e della
collina di Cicala, filosofo e poeta italiano, unico spirito veramente
libero», lo definisce Cyrano de Bergerac nel suo L’altro mondo, ovvero gli Stati e gli imperi della Luna e del Sole (1657-1662), ma neppure lui, che pure è filosofo libertino, osa pronunciare ancora il nome di Giordano Bruno.
Il
Nolano non è stato sentito fratello neppure dal grande Galilei, che
per la sua teoria della relatività primaria attinge a piene mani dalla
Cena delle Ceneri di Bruno, ma non lo cita.
Contaminato dalla
rivoluzionaria filosofia del Nolano è Shakespeare. L’universo bruniano
con un cielo infinito e la materia creatrice, è infatti più che un
semplice sogno d’amore nel suo Antonio e Cleopatra. E ancora in un’altra sua operetta, Pene d’amore perdute, la concezione dell’autonomia dello Stato dal confessionalismo è chiara ripresa dello Spaccio della bestia trionfante di Giordano Bruno. Ma neppure Shakespeare, che certamente ha conosciuto il Nolano alla corte di Elisabetta, lo nomina.
Giordano
Bruno è un intellettuale scomodo perché condanna la menzogna e
l’ipocrisia, soprattutto quando vengono dal riverito ‘mondo della
cultura’, trasformato dai servili pedanti in accademia di pensiero
unico. Bruno polemizza continuamente e pubblicamente con costoro. Li
ridicolizza nei suoi dialoghi: «più nun sanno e sono imbibiti (imbevuti)
di false informazioni più pensano di sapere», e danno i loro principi
«conosciuti, approvati senza demonstrazione». Giordano Bruno è
scomodo perché alle baronie familiste degli intellettuali di regime
sbatte in faccia la loro responsabilità per la decadenza politica e
morale che lui, pellegrino «in fuga dalla vorace lupa romana», tocca con
mano in un’Europa dilaniata dalle guerre di religione: «La sapienza e
la giustizia iniziarono a lasciare la terra dal momento che i dotti,
organizzati in consorterie, cominciarono ad usare il loro sapere a scopo
di guadagno. Da questo ne derivò che ... gli Stati, i regni e gli
imperi sono sconvolti, rovinati, banditi assieme ai saggi ... e ai
popoli».
Giordano Bruno avrebbe potuto vivere tranquillamente la sua
carriera di docente, ma il tomismo gli andava stretto. L’ideologia
cristiana tutta gli andava stretta e ne denuncia l’impianto fideista che
schiaccia ragione e autodeterminazione.
Bruno vuole un mondo
di individui pensanti e liberi. Per questo accoglie con entusiasmo il
copernicanesimo. Vi vede il trampolino di lancio per l’emancipazione
umana. Usciti dalla gabbia del geocentrismo, dove «gli erano mozze
l’ali», gli esseri umani possono finalmente spiccare il volo e
«liberarse de le chimere» di un cielo superiore e una terra inferiore. E
il Nolano chiama ognuno ad usare le ali della ragione: a sperimentare
le infinite possibilità di pensare, conoscere, agire. A diventare,
«possendo formar altre nature, altri corsi, altri ordini con l’ingegno»,
«cooperatori dell’operante natura». Penetrandone le leggi fisiche. E
in questo si è maghi. Si è dei a se stessi.
La magia di Bruno è
conoscenza. È sviluppo della capacità di indagine e ricerca per
analizzare i legami chimici degli elementi naturali, i profondi nessi
causali tra tutte le cose: «magia è la contemplazione della natura e
perscrutazione dei suoi segreti». Grazie alla scienza fisica e chimica:
«Approvo quello che si fa fisicamente e procede per apotecàrie
(farmaceutiche) ricette... Accetto quello che si fa chimicamente»;
«Ottimo e vero è quello che non è sì fisico che non sia anche chimico e
matematico». Questa è la magia per Giordano Bruno contro quella dei
cialtroni (ridotta a ridicola macchietta nel Candelaio). Una «magia di disperati» - la chiama – «di chi invoca supposte intelligenze occulte con riti preghiere formule». La
magia è allora arte della conoscenza, magia di conoscenza, «potenza
cogitativa» che sa tessere interralazioni rappresentative. È memoria
ragionata, che sviluppa pensiero problematico e consapevolmente giudica
addentrandosi in sentieri inesplorati, perché – scrive Bruno –
“seleziona”, “applica”, “forma”, “ordina”. Un processo che è cibo per la
mente, come ancora oggi si usa dire: «la ricerca ragionata dei dati
particolari, è il primo accostarsi al cibo, la loro collocazione nei
sensi esterni ed interni, è una forma di digestione» per «progredire
nelle operazioni dell’intelligenza», per «vedere con gli occhi
dell’intelligenza». È questo un incessante processo di scomposizione e
ricomposizione di «atomi corporei-mentali». Un processo che stimola
nuove sinapsi, come si direbbe oggi, per conquistare al pensiero
analitico critico sempre maggiori aree cerebrali. Ma perché questo
accada, bisogna superare «l’abitudine di credere, impedimento massimo
alla conoscenza». Bisogna spazzare via “la bestia trionfante” della
passività, dell’omologazione, della rassegnazione al pensiero a una
dimensione.
Ecco allora che la libertà di pensiero diventa per Bruno
prerequisito e metodo. Procedura di continua trasmigrazione
concettuale. Cicli conoscitivi, che si riaprono in una sorta di
pitagoriche trasmigrazioni al divenire di diversificate acquisizioni...
Per capire ...e riscattarsi da ogni soggezione.
Bruno ha
sacrificato la sua vita perché l’umanità uscisse dalla rassegnazione di
minorità per costruire una società più giusta e libera. Ha
denunciato l’arroganza e l’ingiustizia di un mondo dove la libertà è il
regno della tracotanza di chi nega emancipazione e autodeterminazione
altrui. Non c’è libertà senza solidarismo delle libertà. Non c’è
libertà senza giustizia. Senza il rispetto della dignità individuale di
esseri proprietari della propria esistenza. Questo afferma Giordano
Bruno. Perché dignità è il diritto di avere diritto alla gestione del
proprio individuale progetto esistenziale. E questo implica
pubblico riconoscimento, che significa anche impegno privato e pubblico
per far sì che ognuno si emancipi dalla sudditanza mentale, economica,
politica, sociale. E il fine della Nolana filosofia è proprio
costruire una società di liberi e di uguali in dignità, dove
finalmente, come dirà poi la filosofa contemporanea Hannah Arendt,
«nessuno sia escluso dal diritto di avere diritti». E Bruno per
questo chiama ognuno di noi a «investire tutte le facoltà e le forze
che abbiamo ottenuto da la natura per operare bene e mettere a frutto e
numero delle intelligenze che abbiamo».
Ecco allora la sua Riforma in sintesi:
- fornire l’istruzione a tutti perché ognuno possa emanciparsi;
- rimuovere gli ostacoli degli svantaggi individuali, sociali ed economici;
- togliere i privilegi;
- deporre i tiranni;
- scegliere governanti onesti...
Già
governanti onesti! E non è purtroppo ancora oggi questione di cui
dobbiamo occuparci? Bruno, dal canto suo, aveva denunciato come l’orgia
del potere generi corruttela generalizzata: «quel che era già liberale,
doviene avar, da quel c’era mite, è fatto insolente, da umile lo vedi
superbo, da donator del suo è rubato ed usurpator de l’altrui, da buono
è ipocrita, da sincero maligno ... Pronto ad ogni sorta d’ignoranza e
ribalderia… che no può essere peggiore».
Bruno denunciava le
rendite parassitarie, i privilegi e lo sfruttamento di quanti
«dissipano, squartano e divorano»; e chiamava all’impegno civico per
impedire che a costoro «non gli sia oltre lecito d’occupare con rapina e
violenta usurpazione quello che ha commune utilitate»...
Già i
beni comuni, che oggi dobbiamo difendere. E si chiamano istruzione in
scuole statali, diritto al lavoro, diritto all’acqua pubblica, diritto a
non morire contro la nostra volontà in un letto irto di tubi, diritto
alle pari opportunità, diritto a non essere ingabbiati in stereotipi
sessisti che torturano... Beni comuni, perché la salvaguardia dignità
individuale è il bene comune.
Dipende da noi, perché «è la voluntade
umana che siede in poppa», ripeteva Giordano Bruno, consapevole che
libertà e giustizia non sono un dono, ma conquista civile che chiede
impegno, vigilanza, verità, lotta se occorre.
E dipende da noi! In uno straordinario passo dello Spaccio della bestia trionfante,
Bruno usa la metafora della fortuna cieca in modo assai originale per
sottolineare che all’inizio tutti sono uguali. Non c’è differenza
all’atto della nascita. L’ineguaglianza è costruzione tutta umana.
«Io
che getto tutti nella medesima urna della mutazione e moto, sono
equale a tutti, […] e non remiro alcuno particolare più che l’altro
[…]. Da voi, da voi, dico, proviene ogni inequalità, ogni iniquitade». E
se queste ineguaglianze ci sono la colpa è dei governi e governanti
che vi date: «quando aviene che un poltrone o forfante monta ad esser
principe o ricco, non è per colpa mia , ma per inequità di voi altri
che, per esser scarsi del lume e splendor vostro, non lo sforfantaste o
spoltronaste prima. O non lo spoltroniste o sforfantaste al presente, o
almeno appresso […]. Non è errore che sia fatto un prencepe, ma che
sia fatto prencepe un forfante».
La giustizia è un diritto e un
dovere: «due son le mani per le quali è potenza a legare ogni legge, –
scriveva Giordano Bruno – l’una è quella della giustizia, l’altra è
della possibilità; (...) atteso che quantunque molte cose sono
possibili che son giuste, niente però è giusto che non sia possibile».
È una questione di dignità!