menti in fuga - le voci parallele

menti in fuga - le voci parallele / menti critiche / @Giovanni_Dursi / Atomi reticolari delle "menti critiche", impegnati nella trasformazione sociale e "messa in questione del rapporto tra la forma capitalista (intesa come Gestalt, come forma della percezione) e la potenza produttiva concreta delle forze sociali, particolarmente la potenza dell’intelletto generale"

domenica 7 febbraio 2016

Note per la cultura - 3 - A volte capita di pensare, scrivere, agire ...

Contro il "feticismo retorico e gnoseologico"

Negli ultimi anni si è verificata un’ampia diffusione delle più diverse pratiche di riflessione pubblica (politica, filosofica, scientifica ed anche d'intrattenimento ...) per le più disparate questioni. In realtà, poco si legge, nel merito delle questioni dibattute, attingendo a quella documentazione esplicativa, alle “fonti” autorevoli necessarie per aprir bocca con cognizione di causa. Questa sorta di “feticismo del dire” (ad ogni costo, talvolta ripetendo quanto sentito dire altrove, senza attento preventivo controllo …) ha contagiato, evolvendo in “feticismo del sapere”, anche la dimensione microsociale (priva, per sua natura, dello scopo della persuasione), un tempo spazio di autenticità e di sincerità, dei gruppi amicali e delle persone che condividono interessi culturali o professionali, delle diadi affettive e dell'intimità, raggiungendo il parossismo della loquacità ignorante che innesca un delirio di massa in termini di convinzioni mal fondate.

Talvolta queste pratiche – orfane di elaborazioni e rigidi protocolli di verifica -, in alcuni casi, sviluppano empiricamente metodologie plurali di caos semantico, sulla base delle singole sensibilità individuali ed altrettanti arbitrii concettuali, che atrocemente mette in difficoltà coloro che s'appellano alla logica, alle complesse verità delle fenomenologie socio-culturali, al metodo della dimostrazione. Con il “feticismo retorico e gnoseologico” si è entrati, in questa guisa, nell'epoca dell'enfatizzazione dei toni comunicativi, delle confuse allusioni, del condizionamento linguistico e di pensiero, del dire non più in grado d'alimentarsi cognitivamente. Le sinapsi si ridimensionano nell'unilateralità funzionale, il laboratorio elettro-chimico dell'encefalo è depotenziato guidando solo la facoltà verbale.
Oltremodo diversa è stata la concezione razionale utilizzata come base del libero e robusto pensiero e della democratizzazione della conoscenza a fini educativi e di emancipazione civile: il sapere come introduzione alle pratiche di convivenza sociale, come faticosa, ma doverosa ricerca delle verità, come costruzione comunitaria di argomentazione logiche, come forme di elaborazione mentale adeguata e condivisa per l'avviamento alla conoscenza scientifica. Oggi, viceversa, questa tradizione del parlare a ragion veduta (dalla quale, del resto, sono scaturite le più ingegnose e radicali rivoluzioni politiche e tecnico-scientifiche), del produrre e proporre idee ponderate, esatte, risolutive di rilevanti questioni rilevanti, sembra smarrirsi nel vorticoso chiacchiericcio (alcuni direbbero cinguettio), della ignoranza tout court. In questa prospettiva, ancor più sviluppato è il lavoro delle istituzioni sociali delegate alla formazione (famiglia, scuola, mass media) nella maleducazione della new generation attraverso la dilagante svalorizzazione del ruolo del sapere filosofico nell’analisi delle questioni etiche e sociali, della razionalità e della logica, del riscontro oggettivo anche in ogni semplice espressione d'opinione.
Proprio su questo terreno si muove il progetto pluriennale – proponimento e disegno operativo del sistema capitalistico di subordinazione umana - d'alienazione coscienziale, di pervasiva disseminazione in ogni ambito sociale della supremazia della parola sulla cognizione, del gergo melting pot sugli ambiti specifici di sapere, dei suoni gutturali sulla consapevolezza, concentrandosi altrove, negli effettivi centri di potere economico-politici, il sapere necessario.
Se la docta ignoratia, depurata dell'afflato teologico tipicamente cusaniano, è giunta, dal primordiale pensiero etico socratico, all'età contemporanea concependo «il bene e il male», «l'utopia», «l'ordine ed il disordine», «l'autonomia» e «la cittadinanza», oggi s'arrende all'incedere della indiscutibilità delle icone tecnologiche, dei linguaggi didascalici, delle asfittiche sintesi, della sincopatia. Tutto ciò si riverbera culturalmente: nell'assecondare l'infantilismo permanente nell'eloquio e nell'elaborazione concettuale, nella messa in mora, fino all'oblio, d'ogni riflessione critica sulle diverse forme della conoscenza di sé e di altri, sulla barbara castrazione dei residui di pensiero critico, da tempo trascurato e considerato poco significativo rispetto al dilagante disinteresse per l'intelligenza, in tutte le sue alte espressioni, e della feconda capacità del riconoscimento delle emozioni.
Una maggiore attenzione agli egemonici “modi di dire” dovrebbe far nascere, in coloro che conservano ancora parti sane nell'antica autonoma facoltà di pensiero, una prima consapevolezza di fronte alla sfera dell’agire collettivo e della vita in comune posti, indifesi, su di un piano inclinato che precipita nel neo-oscurantismo, in modo che le conoscenze necessarie alla convivenza civile, macro e microsociale, al rispetto esperto degli altri e all’accettazione delle diversità comportamentali possano essere attivamente interiorizzati perché prodotti da un sapere fondato sull’esperienza filosofica e scientifica plurigenerazionale in grado di costruire abilità sociali atte alla comprensione della realtà per quella che essa è. Doveroso porsi l’obiettivo di far emergere e consolidare, discutendole correttamente e collettivamente, le idee e le rappresentazioni riguardanti tutti temi presenti nelle esistenze di ciascuno, considerati come pensatori capaci d'elaborare una particolare ed attendibile visione del mondo e delle dinamiche sociali.

Un'ultima opportunità di riflessione attende il corpo sociale, uno spazio di scoperta del linguaggio e delle modalità di riflessione nelle quali, a partire da un’ipotesi, la conoscenza effettiva si costruisce insieme, pezzo dopo pezzo, per tentativi ed errori. Il sapere ricercato e così co-costruito può infatti fornire gli strumenti culturali adeguati a sviluppare la capacità critica di tutti intesi come cittadini liberi, attivi e consapevoli, pronti a esercitare le loro domande di fronte ai problemi posti dalla società contemporanea che va trasformata, ed anche felicemente fuoriusciti, auspicabilmente, dalla gabbie semantiche dimorando nelle quali si muore come persona e si uccidono le altrui risorse esistenziali.
Si tratta di questioni che interessano trasversalmente il mondo in cui viviamo e che incoraggiano una riflessione conseguente sulle forme consolidate, stereotipate e pregiudiziali, di sapere.
- Continua

Nessun commento:

Posta un commento