menti in fuga - le voci parallele

menti in fuga - le voci parallele / menti critiche / @Giovanni_Dursi / Atomi reticolari delle "menti critiche", impegnati nella trasformazione sociale e "messa in questione del rapporto tra la forma capitalista (intesa come Gestalt, come forma della percezione) e la potenza produttiva concreta delle forze sociali, particolarmente la potenza dell’intelletto generale"
Visualizzazione post con etichetta Romanzi. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Romanzi. Mostra tutti i post

lunedì 12 marzo 2018

Nero – Dramma in provincia. Giancarlo Giuliani racconta

Il nuovo social thriller di Giancarlo Giuliani con la non troppo amata Pescara attuale sullo sfondo

Giancarlo Giuliani, è nato a Pescara in anni troppo lontani per essere citati”, mi dice con consueta letizia in grado di contagiare l’umore e rasserenare, guardandomi dritto negli occhi con iridi grigioazzurre altrettanto sorridenti che comunicano energia ed intraprendenza.
I suoi limpidi occhi esprimono la sua filosofia di vita di scrittore, poeta, letterato, grecista, latinista, cultore infaticabile di lingue e letterature straniere contemporanee, traduttore, saggista, esperto d’editing editoriale, insegnante di Lettere e di scrittura creativa presso i Licei, scopritore infaticabile di giovani talenti autoriali.
Pur risiedendo nel capoluogo adriatico, non ha mai reciso il profondo legame con l’Aquila, martoriato centro dell’entroterra appenninico, che frequenta assiduamente, non disdegnando di recarsi dovunque possa saziare la sua fame di esperienze.
Durante gli anni del Liceo viene segnalato per le sue abilità nella scrittura. Un piccolo volume di poesie esce quando aveva 12 anni. Viene da famiglia benestante. Si laurea in Lettere classiche (vecchio ordinamento) all’Università D’Annunzio di Chieti con il massimo dei voti e la lode. Discute una tesi in Sociologia dell’Arte. Durante gli anni dell’Università si appassiona alla lotta politica e si avvicina a Lotta Continua. Consegue l’abilitazione all’insegnamento in Lettere classiche, vincendo cattedra in Concorso nazionale. In precedenza, aveva conseguito l’abilitazione in Lettere per la scuola media, sempre con il massimo punteggio. Dopo aver insegnato Fotografia e grafica nei corsi professionali della Regione Abruzzo, intraprende l’insegnamento nei Licei, ininterrottamente, dal 1979 al 2014.
Giancarlo è marito di Annarita, che condivide le idee politiche di fondo. Laureata in Filosofia, ha nutrito passione per il vecchio PCI, non essendo convinta delle modalità di lotta dei gruppi extraparlamentari. Si possono immaginare le lunghe discussioni familiari.
L’incontro con Giancarlo Giuliani, intellettuale e scrittore, è occasione ghiotta, degustando insieme un ottimo caffè, per comprendere meglio il perché si stia dedicando, nelle sue ultime prove letterarie, dopo originali, suggestive opere narrative e poetiche, ai temi della criminalità e situazioni appartenenti alle mutevoli e indecifrabili condizioni di vita del nostro tempo. Infatti, a Gennaio di quest’anno, Giuliani pubblica “Nero – Dramma in provincia” nella collana “Giallo” delle Edizioni Tabula fati (Chieti, pagine 160, € 13), presentato Venerdì 16 Febbraio presso la sala Figlia di Jorio del Palazzo delle Provincia di Pescara.
Con quale termine si può opportunamente indicare l’ultima opera di Giuliani ? Espressione della letteratura poliziesca? Sembra, leggendo il romanzo, riduttivo. Confacente pare descriverlo con una «etichetta» non specifica; in effetti, la narrazione di Giuliani abbraccia tutte le tipologie di questo genere letterario – spesso fra loro molto diverse: mystery, procedural, legal thriller, spy-story, hard-boiled ecc. – che nei paesi di lingua anglosassone viene denominato thriller, detective o crime novel, in quelli di lingua tedesca kriminalroman, francese noir o polar, spagnola novela negra. Come è stato correttamente detto, l’avvincente trama, propone “la vita di una tranquilla città di provincia sconvolta da una serie di omicidi, opera di un insospettabile serial killer; dalla fabula, presentata all’inizio dal punto di vista del killer, si scivola presto verso un’analisi delle radici di scelte così estreme. Il libro è la rappresentazione delle parti non conciliate di ciascuno di noi, delle cause dei nostri disagi, nel momento in cui esse emergono con forza e spingono a comportamenti solo apparentemente aberranti”.
Nel presentare questo genere di libri, certo, non va commesso l’errore di svelare, non bisogna cadere nella tentazione di descrivere oltremisura. Tuttavia, il libro in questione – che a noi piace definire social thriller – è una scoperta e – va detto con franchezza – non solo nel genere “giallo”, mediante le rivelazioni e i colpi di scena che, susseguendosi con andatura incalzante, nella loro concatenazione in tre capitoli (“Bisturi”, “L’ombra di N.” – già pubblicati autonomamente ed ora rieditati in “Nero”– e “Il ritorno di Gaia”) divengono fondamentali per il coerente sviluppo della trama.
Il disegno narrativo, in realtà, fin dalle prime pagine, svela una seconda dimensione, incuriosendo ulteriormente il lettore, perché penetra con efficacia – attraverso sublimi pennellate retoriche – nell’antropologia d’una relazionalità provinciale, quella pescarese nella fattispecie, assimilabile, nel “male”, ai non-luoghi metropolitani della contemporaneità globale.
L’impianto del romanzo, senza smarrire la lucidità scenografica, si apre al realismo sociale (le allusioni sono, da un lato, all’opera pittorica di Lorenzo Viani, 1881-1936, dall’altro al legal thriller “La grande truffa” di John Grisham, edito da Mondadori, da Gennaio nelle librerie) con l’ideazione di approfonditi elementi psicologici e culturali dei protagonisti che captano dalla cronaca omicidiaria pescarese di questi tempi interessanti prototipi. Con l’ambigua e carsica reciprocità dei contegni dei personaggi, Giuliani ci restituisce un vitale affresco delle miserie umane e di un’etica individuale che da esse, caparbiamente, risorge, quasi che la degenerazione, in alcune persone, incontrando forme di vita “istituzionali” e un “dover essere”, assuma sembianze di mani tese per il riscatto.
Come afferma con cura Maria Elena Cialente, a proposito di “Nero”, «c’è un elemento di raccordo che accomuna la vita dei protagonisti di Nero, un fil rouge che va oltre la linea di sangue lasciata dal bisturi di Marco Naldi e di Gaia Altieri, così come da alcuni personaggi secondari: il dolore. Un dolore sordo, rancoroso: il dolore della perdita, delle aspettative tradite, della violenza ancor più atroce e ingiustificabile se agita da chi, al contrario, avrebbe dovuto proteggere. Ma è anche un dolore morale, che nasce dalla sete di giustizia, dal bisogno di ricomporre in una struttura più accettabile e comprensibile, le dilanianti incongruenze del mondo, dal tentativo di addomesticare in qualche modo il male, anche qui spesso concluso nel cerchio della sua ottusa banalità. La sete di vendetta accomuna i personaggi la cui condotta può suscitare sdegno nel lettore, ma anche un ufficiale di polizia che non riesce più a domare il fantasma che lo strazia dentro: la frustrazione dovuta al continuo procrastinarsi di una giustizia che tarda a manifestarsi diventa metafora dell’universale impossibilità di ricondurre la vita ad una sequenza di fatti comprensibili e, in qualche misura, accettabili. E in questo “pasticciaccio” di gaddiana memoria che è la vita, il “giallo” si pone come strumento gnoseologico e di ricerca di un ordine. Tuttavia in “Nero”, con disincantato distacco, il narratore ci chiarisce da subito chi siano i responsabili e forse anche le loro motivazioni: il gomitolo aggrovigliato che lega i delitti efferati si dipana dinanzi agli occhi del lettore con armoniosa chiarezza. Il narratore onnisciente, che sa più dei suoi personaggi, lascia solo il commissario Giorgi dinanzi al mistero del movente. Ma il lettore è davvero tranquillizzato dalle spiegazioni fornite? C’è veramente un modo per rendere comprensibile e accoglibile nella dimensione dell’umano il male, sia pur frutto della sete di giustizia? Giuliani sembra lasciarci soli dinanzi a questi interrogativi: Marco Naldi si riduce ad una creatura fragile e indifesa che sarà sacrificata dalla donna che crede di amarlo; Gaia Altieri, la cui bellezza è solo apparentemente stridente con il gorgo nero che si trascina dentro, vive la sua stessa bellezza come una dannazione. Donna fatale e strega, Gaia non avrà la consolazione del riscatto e del risarcimento affettivo a cui in realtà ambisce, perché privata anche dell’unico, vero bene in cui le sia capitato di imbattersi dopo l’incontro con Ludovica. Ma Gaia Altieri non avrà neanche l’opportunità di redimersi e pentirsi, di fare del luogo di reclusione uno spazio in cui finalmente confrontarsi con il mostro che, come in ognuno di noi, le si dibatte dentro. Romanzo avvincente, capace di inchiodare il lettore fino all’ultimo rigo, “Nero” è una storia di solitudini che si incontrano senza riconoscersi e illuminarsi: un tentativo di discesa nelle paludi tetre e maligne dell’animo umano da cui non si fa ritorno senza la guida di quella ragione e di quella capacità di empatia che, seppur sotto scacco, si pongono come unici strumenti di riduzione del mondo e della collettività a qualcosa di quantomeno tollerabile».
Avviamo il dialogo.
Gentile Giancarlo, puoi parlarmi della tua formazione professionale, quali sono e come sei arrivato ad acquisire le tue competenze?
Mi chiedi una risposta impegnativa. Tutto in realtà ha avuto inizio quando, avevo 6 anni, mio padre mi arredò la stanza con due pareti a libreria, piene di libri. Non disse nulla, non diede prescrizioni. Un giorno mi trovò seduto a terra mentre strappavo pagine illustrate da un prezioso (sul momento ovviamente non me ne rendevo conto) volume sui miti germanici. Invece di inquietarsi, si sedette a terra vicino a me e mi aiutò a strappare le pagine che volevo poi conservare. Fu quello il momento in cui cominciai a trovare familiari i libri. Ben presto sono diventato un lettore direi vorace.
La scelta degli studi classici e l’interesse per la Sociologia vanno di pari passo con la passione per l’Astrofisica: fin da relativamente piccolo non ho mai concepito barriere tra le varie branche della cultura.
Dove vivi e lavori?
Vivo a Pescara, città che ben poco amo, e lavoro, adesso che ho lasciato l’insegnamento, come editor e consulente di alcune case editrici.
Leggendo alcune tue opere letterarie e poetiche, s’avverte la sensibilità artistica, coniugata ad una solidissima erudizione, tale da generare un’esaltazione della parola e dell’immaginario narrativo; quale delle due attività che ti sono proprie – l’insegnamento e la scrittura – prevarrà sull’altra ? Oppure saranno sempre complementari?
Viene subito da dire “complementari” e probabilmente è così. Ma alla radice di tutto c’è il fatto che concepisco la cultura come condivisione. Se dalla vita ho, senza presunzione spero, avuto il dono della cultura, considero mio dovere aiutare chiunque ne abbia voglia a trovare la propria strada. Di qui la scelta dell’insegnamento, dopo aver considerato la via della vita politica in gruppi extraparlamentari.
Come è nata l’idea di realizzare “Nero – Dramma in provincia”, che poi non è romanzo del tutto nuovo, considerando “Bisturi” e “L’ombra di N. – Radiodramma in 26 quadri” (2015) che sono una sorta di prologo, editi entrambi per Tabula fati?
Per caso, credimi. Non avrei mai pensato che la mia scrittura potesse prendere anche questa direzione. Ho letto un ponderoso volume, in americano, sulla “mente” dei serial killer e ho pensato che, nel solco del mio interesse per la natura umana, potesse essere interessante costruire delle storie sull’argomento.
Dopo le impegnative e riuscite prove di poesia (ricordiamo, tra le ultime raccolte, “Nel mio regno non vi sono filosofi“) e dei romanzi storici “Diospolis. Una storia del VI secolo a. C.” e “Nemesis. Una storia del tempo antico”, come mai la scelta della letteratura poliziesca – ut ita dicam – e di un aggancio a temi sociali e psicologici per raccontare tragedie umane che sono prodotte nella vita di relazione, spesso nascondendo la piena trasparenza delle personalità in gioco?
È un po’ quello che ho detto prima: non pongo limiti di alcune genere, così ritengo che occorra considerare tutti i lati della natura umana, anche quelli più oscuri. Inoltre, a ben rileggere “Diospolis” e “Nemesis”, si potrebbe notare che i lati cosiddetti oscuri dell’animo umano sono affrontati anche in quei due romanzi, sia pure con la distanza data dall’ambientazione.
Non piazzo barriere tra la realtà sociale, in tutte le sue dinamiche e l’apprezzamento per le libere forme d’espressione culturali quali l’arte, la letteratura, il teatro, il cinema che portano luce e conoscenze, a volte sublimando le tangibili vicende umane ascendendo a grande altezza morale e spirituale; ritengo che occorra considerare tutti i lati della natura umana, anche quelli più oscuri; la scrittura si presta a questa dialettica realtà-immaginazione, la prima, caratterizzata soprattutto per la varietà dei temi, la seconda, con variegate scelte formali, che permettono di declinare in modi diversi il richiamo alla realtà; le possibilità espressive sono davvero tante.
Diventato di uso comune a partire dal 1929, anno in cui Lorenzo Montano e Luigi Rusca diedero vita, per Mondadori, alla collana «I Libri Gialli» il termine thriller può essere riferito a “Nero – Dramma in provincia” oppure non contiene tutto della narrazione; meglio designare questa creazione con ciò che appare, avvinti dalla trama, l’intento dell’autore: un social thriller con la non troppo amata Pescara attuale sullo sfondo?
Hai proprio ragione. Mi piace la definizione di “social thriller“. Aggiungo solo che ritengo Pescara una città che mi piacerebbe non fosse entrata, per varie ragioni, nella mia vita. Ma va bene così, era scritto, probabilmente.
Pagina dopo pagina, in “Nero” si manifestano verità ultime che sempre sfuggono, o forse, che si preferisce non scoprire, temendo di trovare in esse anche la propria. Giuliani costringi il lettore a una scelta decisiva: continuare a seguire le tracce, conducendo una vita di impulsi e razionale furbizia, emancipandosi da una vita destinata alla solitudine, oppure tentare finalmente un’autenticità limpida, faticosa, una coerenza negli affetti, una lealtà che tuttavia pare ormai di non poter recuperare votandosi ad un’idea d’umanità – proprio perché socialmente determinata – non edulcorata, mai pregna solo di buone intenzioni o di mercantile redenzione. Ho interpretato bene?
Talmente bene che mi piacerebbe che mi scrivessi un’ampia recensione. Non mi permetto di dire che io sia riuscito in quello che tu metti in evidenza, ma certamente ve ne era l’intenzione.
In contrapposizione al noir, quando le indagini raccontate portano all’individuazione e all’eventuale punizione del colpevole dei crimini narrati, l’intreccio di “Nero – Dramma in provincia” lascia vedere altro, quell’altro che colora l’esistenza di ciascun protagonista del dramma esistenziale. Un cammino narrativo che conduce dal male al bene ed anche, viceversa, dal dolore del male all’accettazione della personalità sociale che codetermina gli Io. È così nelle tue intenzioni?
Non avevo un’intenzione precisa, all’inizio, ma credo che alla fine sia venuto fuori proprio quello che tu sottolinei. Una volta scritta, infatti, la prima scena, è stato come se si aprisse una diga. I tre capitoli di “Nero”, secondo alcuni tre brevi romanzi, in verità, sono stati scritti in meno di 20 giorni. Ovvio che poi vi sia stato un lavoro attento e artigianale, uso questo termine con orgoglio.
Sempre a proposito del nuovo libro “Nero – Dramma in provincia” appena presentato a Pescara (17.02) ed uscito a Febbraio che cosa puoi dirci che non sia stato già detto dai recensori?
Che era nato per essere letto ad alta voce. Era la mia aspirazione più vera, ma non ho accesso alle sacre porte della radio.
A proposito di nuove idee e progetti, qualcosa è trapelato, come sta andando la stesura della nuova silloge? Puoi fornire, donare qualche anticipazione? Che collegamenti ha con le altre prove d’autore? Il ruolo di Professore l’hai dismesso? Puoi parlarne in dettaglio?
Il poemetto che sto scrivendo parte da alcuni stimoli della lingua e cultura islandese, altra mia passione ancora “in atto” e segue il percorso iniziatico di un viandante alla ricerca di se stesso. Il titolo è “Poema minimo”; è un poema in realtà non tanto minimo, visto che consta già, a oggi, di 842 versi. Racconta l’itinerario mentale, tra sentieri diritti e ritorni improvvisi, di un viandante in cerca di risposte che sa già che non troverà mai. Eppure, sente che l’essenza della vita, la sua stessa individualità, dipendono proprio dal cercare, indipendentemente dalla fiducia nell’esito. C’è influenza della lingua e della cultura norrena, di cui sono appassionato, ma anche l’eco della mia ineliminabile curiositas per tutto ciò che non conosco. Non l’ho scritto nel curriculum, ma sto studiando anche l’islandese.
Se si sceglie la professione di insegnante per un forte bisogno interiore, si resta professori per la vita. È così per me. Ho rifiutato di occuparmi di un’azienda di costruzioni elettriche e telefoniche, di famiglia, per ESSERE, non “fare” il professore di lettere. Continuo con corsi di scrittura e laboratori vari, smetterò solo se le circostanze me lo imporranno.
In merito alla professionalità docente pensi che si possa aprire a nuovi orizzonti anche mentali nella scuola di oggi?
Sono pessimista. DEVE aprirsi, ma ci sono forti resistenze in chi ha scelto la comoda routine invece che il mettersi ogni giorno in gioco. Così, la vita scolastica diventa spesso vuota ripetizione, senza che si voglia (non dico “si riesca” perché spesso ne manca l’intenzione) darle vita aiutando giovani menti a trovare se stesse.
Usi dei programmi o tecniche di scrittura creativa per realizzare i tuoi progetti?
Assolutamente no. La stessa parola “creativa“, associata a “scrittura” è per me quasi inconcepibile. La creatività non si apprende e i programmi-guida per la composizione, quasi tutti americani, tendono a costruire stereotipi. Custodisco in me l’antica vocazione all’artigianato, al limare quella improvvisa esplosione nella mente che è un primo verso o un’idea.
Quali sono i libri o documenti che approfondisci o che leggi come interlocutori dello sviluppo del tuo pensiero letterario?
Non so rispondere. Sono un lettore vorace, credo di averlo già detto, ho letto più di duemila libri e a casa ne ho ancora 2-300 da leggere. Oltre a ciò, ho cercato esperienze di vita che mi insegnassero a “stare” nel mondo e tra le persone. Ho una fortissima e incancellabile vocazione alla condivisione e, già detto da altri, non so essere “felice” se vedo qualcuno che non lo è. Bisogna lottare perché tutti abbiano uguali possibilità. Si viene spesso sconfitti, ma la lotta, in questo senso, ha comunque valore di per sé.
Un’ultima domanda: cosa pensi degli scrittori italiani contemporanei viventi e, più in generale, dell’attuale produzione letteraria nazionale?
Se si riesce a distinguere il libro da supermarket e a isolare quello che nasce da un vero bisogno di scrittura e di espressione, probabilmente si riesce a trovare anche molto di buono, ma nessun discorso sul libro può prescindere da considerazioni sui canali e sulle motivazioni commerciali, sull’accesso ai mezzi di comunicazione, insomma a molto di ciò che circonda la scrittura e che spesso, a mio parere, la mortifica riducendola a una splendida confezione senza però vero contenuto.
Termina questa lunga chiacchierata con Giancarlo Giuliani che ringrazio pubblicamente, anche a nome del team di Mentinfuga, per avermi concesso un po’ del suo tempo.
Giovanni Dursi
Chiunque voglia approfondire e discutere con Giancarlo Giuliani può mettersi in contatto con lui tramite il suo web site Verb-um (http://www.giulianigiancarlo.it/).
Bibliografia dell’autore
Dentro e oltre le parole (antologia/rapporto), Palermo 1980
Quotidiano indicibile (antologia/rapporto), Palermo 1980
Quale immagine? (Note sul ruolo della fotografia nella società attuale), Pescara 1980
Ulisse non è mai partito (poesie), Roma 2008
Liber Alchemicus (poesie), Pescara 2010
Libro Perduto (poesie), Pescara 2011 (in parte tradotto in lingua rumena)
Bisturi (Radiodramma in 30 quadri), Pescara 2011 (ora in Nero (Dramma in provincia), Tabula fati, Chieti 2017)
Caos Ipermetrico (poesie), Tabula fati, Chieti 2012
Diospolis. Una storia del VI secolo a.C., Tabula fati, Chieti 2013
Nel mio regno non vi sono filosofi (poesie), Tabula fati, Chieti 2017
L’ombra di N. (Radiodramma in 26 quadri), Tabula fati, Chieti 2014 (ora in Nero, Tabula fati, Chieti 2017)
Nemesis. Una storia del mondo antico, Tabula fati, Chieti 2016
Nero (Dramma in provincia), Tabula fati, Chieti 2017
Traduzioni:
Alano di Lilla, Quasi Liber, IkonaLiber, Roma 2013
Alano di Lilla, De Planctu Naturae, IkonaLiber, Roma 2013 (e-book)
Arthur Schnitzler, Der Schleier der Pierrette, IkonaLiber, Roma, 2014

By mentinfuga - Marzo 2018

domenica 29 ottobre 2017

Nicola Mariuccini: Nighthawks

Un locale che si riempie di avventori silenziosi o desiderosi di fare quattro chiacchiere; un barista che sa offrire il cocktail giusto per ogni momento. Ci troviamo a Monsaraz, in Portogallo, in una nazione ancora alle prese con la memoria del proprio recente passato. Nicola Mariuccini, con una “ragnatela” intessuta con una fitta trama di dialoghi, ci introduce a una sequenza di eventi che possono mettere in forse anche le vite apparentemente più solide.
copertina del romanzo Nighthawks di MariucciniNelle grandi epoche di crisi e di passaggio assistiamo a una trasformazione del linguaggio che non sembra più in grado di fare presa sulla realtà.
Parole, espressioni e paradigmi, che fino a ieri riuscivano a render conto di una situazione e si mostravano fondamentali sul piano della comunicazione, appaiono improvvisamente inutili.
Uno degli aspetti più sconcertanti di un’epoca di passaggio è, a ben vedere, proprio la difficoltà a raccontarsi, a narrarsi e a offrire un ordine del discorso che si faccia atto di conoscenza e di progettazione politica.
La filosofia – così come la sociologia – e la letteratura sono, in questi passaggi storici, frequentazioni quanto mai utili, perché contribuiscono all’azzardo di narrare il nuovo, intuire il mutamento e costruire “ponteggi” per avvicinarlo.
Questo sforzo di avvicinarsi a ciò che ancora non è definito produce, nei casi migliori, un patrimonio di parole, espressioni e formule che finalmente ci aiutano a capire che cosa sta accadendo, e contribuiscono a “assegnare un nome” ai fenomeni che si stanno preparando.
Dove ci conduce, quindi, la lettura di questo romanzo di Nicola Mariuccini?
Citazione 1
Ma scusi lei non era un letterato, un uomo di letteratura, un poeta?”.
Signorina Angela, per tutta la sera ho cercato di spiegare che purtroppo non sono riuscito dalla poesia ad avere le soddisfazioni che forse avrei potuto avere”.
E quindi? Cosa ha fatto nella vita, l’agente segreto?”.
Fuochino, ho fatto il giornalista in una agenzia di stampa”.
L’Aginter Press!”.
Si, Caetano. Fare l’inviato per certe missioni richiede un addestramento particolare. Ora auguro a tutti la buonanotte”.
Il Nighthawks è un locale che deve il proprio nome a un quadro di Hopper. Il Nighthawks si trova a Monsaraz, in Portogallo e deve la sua fama alla volenterosa opera di un barista che insegue un sogno.
Le porte si aprono e la gente entra per fare i conti con i propri incubi notturni o con i sogni che non sempre trovano forza.
Alcuni avventori sono abituali fino al punto da creare una piccola comunità che trova il suo centro nella “filosofia” del drink: con gli occhi abbassati si sorseggia nel silenzio, scrutando il liquido che ci tiene compagnia; con gli occhi ben alzati si può ammirare la bellezza di una donna perduta o presente e incontrare gli altri, come amici per un tratto di strada, o come nemici da eliminare o evitare.
E così le serate passano, aggiungendo dettagli a dettagli, costruendo un quadro sempre più nitido dei personaggi che Mariuccini ci fa incontrare.
La realtà mostra crepe sempre più evidenti e tutto quello che sembrava chiaro assume un tono diverso.
Il Portogallo con la sua storia piena di violenza; la vita di un uomo che, nell’apparenza della sua tranquillità, nasconde intrighi di vario livello; donne segnate per sempre da incontri con uomini senza amore vero: una galleria di personaggi, tanti ingredienti ben calibrati per questo cocktail da definire con un solo nome, Nighthawks.
Il romanzo è tutto costruito da dialoghi diretti, senza alcun intervento a descrivere o commentare. È una tessitura di voci, di rimandi, di richiami; è una tessitura che vuole restituire il “sonoro” di personaggi che s’incrociano per bere qualcosa, di volti che si scrutano, di attese che si fanno pressanti. Una parola dopo l’altra, una conversazione dopo l’altra i personaggi si presentano nelle parole di chi siede appena accanto.
Citazione 2
Tu non fai testo, invece mi dica Caetano, ho sentito molte risposte diverse alla domanda su chi abbia inventato questo cocktail”.
Se ha sentito molte risposte è perché è un cocktail molto famoso e ognuno, pertanto, ne rivendica la paternità; una delle ipotesi più accreditate è che lo abbia inventato Cheryl Cook, la barmaid di un ristorante famoso che volle provare un nuovo prodotto, l’Absolut Citron, ma anche un barman italiano di cui non ricordo il nome ne rivendica la paternità, però…”.
Se è lecito giocare un poco con le parole, senza utilizzarle soltanto in occasioni di riflessione sull’oggi, si potrebbe dire che in una “società liquida” – formula questa che è quasi entrata nell’uso comune per designare alcuni aspetti della nostra epoca – il Nighthawks si presta in maniera perfetta a chiederci quale sia il cocktail della nostra esistenza.
Superate le barriere e le certezze ideologiche, venute meno le grandi certezze sociali e politiche dell’ultimo secolo, ci ritroviamo seduti, a volte allo stesso tavolo, a dover costruire un terreno comune di scambio che sappia tener conto del nostro passato e ci possa proiettare, senza troppe contraddizioni o rinunce, verso un futuro che abbia ancora qualche tratto di utopia.
Il quadro di Hopper richiamato nel titolo è forse quello più celebre dell’artista americano e offre, fin dal suo apparire nel ormai lontano 1942, un’atmosfera rarefatta e sospesa, con un effetto di luci che tiene insieme la solitudine dei protagonisti e il loro disperato bisogno di andarsi ancora incontro, di dirsi ancora una parola, di esercitare, almeno per una volta ancora, il proprio fascino e illudersi almeno di una possibile compagnia.
Nel finale del suo romanzo Mariuccini, uscendo infine dal chiuso del locale, ci ricorda con pochi tocchi e le giuste osservazioni dei protagonisti che la vita continua e che tanti ancora proveranno a inseguire i propri sogni. È tempo di andare, si direbbe; è tempo di uscire all’aperto e inseguire ancora qualche sogno.
Citazione 3
Può essere, ma in tutti i modi c’è qualcosa che non mi torna in questa vicenda”.
Ma quindi Caetano, spiega anche a me che di queste cose non ci capisco nulla, cosa vuoi dire? Secondo te perché montare un caso di stampa su una cosa che è lontana dalla verità?”.
Forse per evitare di riempire i giornali con ipotesi che potrebbero buttare fango sul governo?”.
Come se ne servisse altro; ora è esplosa pure la vicenda della laurea del premier”.
Sì, quella è proprio fantastica, ha provato a difendersi ma ha tirato in cattiva luce anche la facoltà che ha rilasciato il titolo”.
Antonio Fresa
mentinfuga
Nicola Mariuccini Nighthawks
Castelvecchi, 2017
Pag. 134; € 16,50

sabato 22 aprile 2017

Fiera dell'editoria italiana - 19 / 23 Aprile 2017

TEMPO DI LIBRI
Festa, orgoglio,"traguardo raggiunto" per 'Tempo di libri', la Fiera dell'editoria italiana che si è inaugurata alla presenza del ministro Dario Franceschini. Una prima edizione che sfodera un programma gigantesco realizzato in sette mesi, in cui c'è la voglia di "condividere", "lavorare insieme", "fare sistema", di non pensare più alle polemiche con Torino e al suo Salone che si inaugurerà il 18 maggio.
"E' una fiera bella, dinamica ed è parte di una sfida complessiva che il sistema Paese deve vincere: aumentare il numero dei lettori" ha detto il ministro Franceschini. E ai cronisti che gli chiedevano "lei era per un unico Salone?" ha risposto: "adesso vediamo Milano, in maggio Torino. Continuo a pensare che sia possibile una forma di collaborazione integrata ma lo vedremo dopo aver visitato i due Saloni. Non è una competizione". Anche il presidente di Aie, Federico Motta si è augurato di poter "continuare un percorso comune" dopo aver detto "un grazie personale a Dario Franceschini perché, al di là dei confronti stimolanti di questi mesi, possiamo interloquire con un ministro che ha a cuore il destino della cultura di questo Paese". L'Aie, ha aggiunto Motta, "è la casa di tutti gli editori italiani.
Finite le polemiche c'è però un clima di attesa e sospensione su quello che accadrà dopo lo sdoppiamento del Salone del Libro. Il rapporto con Torino "è molto buono e credo che anche loro faranno un buon lavoro quest'anno, poi più avanti si vedrà" ha detto il sindaco di Milano, Giuseppe Sala. E il presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni ha sottolinea che "non c'è divisione tra Milano e Torino ma al contrario credo ci sia una sana competizione".
Che si debba aspettare lo fa capire però chiaramente da Torino la sindaca Chiara Appendino che domenica sarà in visita a 'Tempo di Libri' insieme al presidente della Fondazione per il Libro Massimo Bray. "Per ora stiamo lavorando per fare un gran Salone del Libro e non abbiamo ancora ragionato su eventuali sinergie future" spiega la Appendino e aggiunge: "Le valutazioni si fanno alla fine. Con il sindaco Sala ci sono sempre stati ottimi rapporti, poi loro fanno il loro salone noi il nostro su cui sono concentrati i nostri sforzi".
Nel giro tra gli stand, su una superficie di 37 mila metri quadri, con 552 espositori e 2000 ospiti, la Fiera si presenta molto bella, meno dispersiva e più compatta, ariosa e dai colori più riposanti rispetto a quella di Torino. Ma al primo giorno non c'è molto frastuono tra i padiglioni. Poche le scolaresche e il pubblico ma all'inaugurazione è sempre un po' così. Il vero test sarà il week end anche se c'è il ponte del 25 aprile.
Il ministro Franceschini si ferma agli stand dei grandi gruppi, Gems, Mondadori, Einaudi, Rizzoli, saluta Elisabetta Sgarbi a quello de La nave di Teseo, è incuriosito dalla biblioteca digitale Future Library e anche alle Edizioni San Paolo e all'editrice Vaticana. Si sofferma a guardare alcuni libri, gli viene regalato 'Siamo in un libro. Reginald e Tina' (Il Castoro) di Mo Willems e annuncia anche l'uscita del suo romanzo 'Daccapo', domani per Gallimard, pubblicato in Italia nel 2011 per Bompiani. "So quanta emozione c'è qua. Quando nasce un libro è un figlio".
A Tempo di libri ci saranno 600 ospiti donne e "in questo senso la fiera rappresenta un'eccezione" ha spiegato la presidente della Fabbrica del libro, che organizza la Fiera, Renata Gorgani. "Nelle fiere del libro di solito le donne sono il 10%" ha aggiunto spiegando che tra le novità della fiera c'è "il fatto che non ci saranno tante presentazioni di libri, ma incontri con autori, giornalisti, professionisti, scienziati, esperti. Ci saranno autori che parlano di altri autori e i piccoli editori sono l'80 per cento delle presenze".
E il presidente di Fiera Milano, Roberto Rettani, lancia l'internazionalizzazione: "'Tempo di Libri' sarà sempre più votata all'internazionalità" dice. "Abbiamo fatto qualcosa di eccezionale contando solo su di noi e sulle nostre idee. Questo è solo l'inizio" ha concluso Motta.
E Franceschini ha lanciato l'idea di un sostegno pubblico al settore dei libri. "Se il libro è importante per la crescita culturale del Paese, perché lo Stato aiuta il cinema, lo spettacolo dal vivo e non le case editrici?. Pensiamoci". L'obiettivo è sempre "creare più lettori".
RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA

sabato 23 aprile 2016

A proposito di Shakespeare Lives


Cosa è Shakespeare Lives?
Shakespeare Lives é un programma globale di eventi e attività volti a celebrare - nella ricorrenza del 400mo anniversario della sua morte -  l’influenza di uno dei maggiori drammaturghi e poeti mai esistiti.

Shakespeare Lives, è anche un modo di esplorare, attraverso varie realtà, l’eredità globale di Shakespeare, riflettendo anche su come le sue storie, i temi raccontati e il suo linguaggio siano ancora rilevanti nel mondo attuale, e come debbano restare centrali anche per le future generazioni.
Un’opportunità per milioni di persone  in oltre 140 Paesi, quindi, di partecipare attivamente, online e non, e fare esperienza diretta del lavoro di Shakespeare, grazie a nuove e innovative produzioni teatrali, film, mostre, letture pubbliche e risorse dedicate al mondo della scuola e all’istruzione nel suo complesso. 
I partner della campagna GREAT Britain a capo di Shakespeare Lives sono il British Council, il Ministero degli Esteri britannico, UK Trade and Investment e VisitBritain.
Come posso partecipare?
Uno degli eventi principali sarà un progetto di partecipazione di massa dove le persone di tutto il mondo saranno invitate a rispondere in modo creativo alle scene delle opere di Shakespeare. L’iniziativa culminerà con una reinterpretazione digitale dei lavori di Shakespeare da parte della comunità virtuale.
Tante altre opportunità di partecipare agli eventi e seminari di Shakespeare sono disponibili sul sito Shakespeare Lives
Segui l’evento su Twitter #ShakespeareLives.


Gli eventi Shakespeare Lives in Italia


Il British Council Italia presenta, durante tutto il corso del 2016, una serie di eventi che sono una parte integrante e particolarmente vivace del programma Shakespeare Lives.




A lecture on the nature of Shakespeare’s ten plays on English kings and their coverage of 400 years of power struggles.

William Shakespeare, chi era davvero il grande poeta?

A 400 anni dalla morte di William Shakespeare non si sa né il vero nome, né il viso, né la storia. Era comunque il più grande poeta... inglese? Forse. Italiano? C'è chi lo pensa. Ecco chi era davvero William Shakespeare.

gettyimages-85308935_preview
Nessuna certezza. Un ritratto di Shakespeare (1564-1616) che viene fatto risalire al 1610: molti ritengono perciò che sia l’unico dipinto “dal vero” del poeta inglese. In realtà non ce n’è certezza.
Tra gli studiosi c’è chi, analizzando la sua firma, ha sostenuto che non fosse neppure capace di leggere e scrivere. E uno studioso italiano afferma anche che Shakespeare non fosse altro che un prestanome di John Florio, poeta di origine italiane, attivo in Inghilterra nel '600.
Scaltro e ignorante paesanotto, socio di una fortunata associazione letteraria, o geniale autore dei drammi e dei sonetti che resero grande la letteratura inglese elisabettiana? Sono passati 400 anni dalla sua morte, eppure i misteri che avvolgono William Shakespeare (nato nell'aprile del 1564 a Stratford-upon-Avon e morto il 23 aprile 1616) continuano a infiammare accademici e studiosi. E il fatto che su di lui esistano solo pochissimi documenti non fa che aumentare la curiosità: il figlio del guantaio di Stratford-upon-Avon fu davvero l’autore di opere immortali come Romeo e Giulietta, il Mercante di Venezia, Otello? O il Dante d’Inghilterra è solo quella che lo scrittore Henry James definì nel 1903 “la più grande e più riuscita frode che sia mai stata realizzata nei confronti di un mondo paziente”?

La più fedele alle fonti resta la lapidaria biografia del critico letterario settecentesco George Steevens: “Nacque a Stratford-upon-Avon, si fece là una famiglia, andò a Londra, fece l’attore e lo scrittore, tornò a Stratford, fece testamento e morì”. Il resto solo ipotesi. Persino il suo volto resta un mistero: i dipinti e le sculture che lo raffigurano furono realizzati solo dopo la sua morte, da artisti che mai l’avevano conosciuto. Con una sola eccezione: il busto sul suo monumento funebre, fatto costruire dal genero nella chiesa della Santissima Trinità a Stratford, tra il 1616 e il 1622.

Dal sacco alla penna d’oca. Shakespeare vi appariva accigliato, con barba e baffi all’ingiù, le mani appoggiate su un sacco di grano. O almeno questo è ciò che si vede nei due disegni che ritraggono l’originale prima che venisse modificato, nel 1720, quando i critici ne avevano fatto il più importante autore della letteratura inglese. Allora il poeta assunse i lineamenti dell’uomo raffinato con il pizzetto che conosciamo: nella mano destra gli fu messa una penna d’oca, nella sinistra un foglio di carta.

Eppure il William dei documenti giudiziari e commerciali, gli unici finora rinvenuti, era molto più simile al rozzo commerciante barbuto: all’Università di Aberystwyth (Galles) si è scoperto che comprava grano durante le carestie per rivenderlo a caro prezzo, che era un usuraio e un evasore fiscale.

Questa mancanza di spirito filantropico è confermata dal suo testamento: nell’atto William non nomina alcun patrimonio librario, né fa accenno alle sue opere. Si concentra invece sui beni materiali, destinando alla moglie Anne Hathaway “il secondo letto con il mobilio”. Da qui nascono le speculazioni sul matrimonio infelice di Shakespeare. Chi vuol difendere l’onore del poeta, ricorda che all’epoca in una casa inglese il primo letto era quello degli ospiti, il secondo quello maritale: l’eredità sarebbe stata quindi un romantico ricordo della loro unione. Come il sonetto 145, in cui il verso “hate away”, letteralmente “lontano dall’odio”, richiamerebbe il cognome della moglie, cui sarebbe dedicato.

Le malelingue invece notano che quando la coppia si sposò (1582), Anne era già incinta della primogenita Susannah e che, forse, il suo era stato un matrimonio riparatore. Sappiamo poi che, dopo l’ulteriore nascita di due gemelli (1585), Shakespeare lasciò Stratford: pare lo avesse fatto per sfuggire al processo intentatogli da un signorotto che lo aveva pizzicato mentre cacciava di frodo (o, forse baciava la figlia del guardacaccia) nella sua proprietà.

Comunque siano andate le cose, è da questo momento che si perdono le sue tracce: come trascorse i cosiddetti “anni perduti”, tra il battesimo dei figli e la sua comparsa sulle scene londinesi (1592)?

William Shakespeare
Secondo un altro studio, sarebbe questo ritratto, ingrandito sulla copertina di un erbario del 1597, l’unico “dal vero” di William Shakespeare. | Reuters
Da stalliere ad attore. Le alternative ipotizzate dagli studiosi sono diverse: si aggregò a una delle compagnie teatrali capitate a Stratford intorno al 1587, cominciando così la sua carriera da attore, o impiegò quel tempo per farsi una cultura (sempre ammesso sapesse scrivere, come obiettano alcuni esperti che hanno studiato a fondo la sua firma)? «Più probabilmente, arruolatosi volontariamente o coscritto, dovette attendere la fine delle ostilità tra l’Inghilterra e i Paesi cattolici prima di trovarsi una qualsiasi occupazione a Londra, si presume nel 1589», afferma Corrado Panzieri, studioso di Shakespeare.

Come scrisse nel XVIII secolo uno dei suoi biografi, l’inglese Robert Shiels, William “era un giovane ridotto sul lastrico, che si guadagnava da vivere a Londra prendendosi cura dei cavalli dei gentiluomini che si recavano a teatro”. Shiels però aggiunge che, colpiti dalla sua parlantina, alcuni attori lo avrebbero raccomandato ai gestori del teatro, dandogli l’occasione di calcare finalmente le scene e di ottenere la fama, “più come scrittore che come attore”.

Nella capitale sarebbe rimasto fino al 1613, ma allora perché non intrattenne con i colleghi letterati scambi epistolari, allora diffusi quanto lo sono ora i post di Facebook? E perché alla sua morte nessuno scrisse un elogio funebre in sua memoria? Viene proprio da chiederselo: Shakespeare fu davvero il celebrato autore elisabettiano? Troppi dati non tornano, dicono gli esperti di ieri e di oggi. E infatti, fin dalla metà dell’Ottocento, gli studiosi hanno pensato di intravvedere fior di papabili autori nascosti dietro quel nome: fra i più famosi il filosofo Francis Bacon, lo scrittore Christopher Marlowe, il colto Edward de Vere conte di Oxford, la contessa Mary Sidney di Pembroke (sorella del poeta Philip) e persino la regina Elisabetta. Tutti inglesi, ovviamente. Tranne l’ultimo e attualmente più gettonato candidato: John Florio, letterato di origini italiane, docente a Oxford, con incarichi di prestigio alla corte della regina d’Inghilterra.

Aiutato dal padre. «La verità è che certezze non ce ne sono, ma una congerie di nuove informazioni ricavate dallo studio di documenti d’archivio, fa ritenere che chi scrisse quelle opere non fu Shakespeare. Potrebbe essere stato invece John Florio che, avvalendosi degli appunti, dei racconti e dei testi portati dall’Italia dal padre Michelangelo e grazie alla collaborazione della cerchia di colti parenti e amici e di altri drammaturghi emergenti, avrebbe creato le opere che oggi vengono attribuite al poeta di Stratford», dice Panzieri, cofondatore dell’Istituto di studi floriani di Milano e autore di una biografia sui Florio, in corso di pubblicazione.

Lo confermerebbero le tracce lasciate fra le righe delle tragedie shakespeariane: i neologismi inventati da John per le traduzioni inglesi delle opere italiane; l’ambientazione nelle nostre città e nei luoghi al di fuori dell’Inghilterra frequentati dal padre; le storie romanzate di personaggi che il colto fiorentino aveva conosciuto. Jane Grey, per esempio, regina d’Inghilterra per 9 giorni e allieva di John quando insegnava letteratura italiana presso la famiglia reale, ispirò a Michelangelo un racconto del 1561 da cui il figlio avrebbe tratto Romeo e Giulietta.
William Shakespeare
Shakespeare è un nome di fantasia? Il più celebrato drammaturgo di tutti i tempi secondo qualcuno in realtà non è mai esistito. Di lui, in effetti, si conosce ben poco. Ma ciò non significa che non sia stato un personaggio reale. I più dubbiosi si chiedono come potesse avere sviluppato una così grande abilità letteraria, data la sua estrazione sociale, e come avesse potuto acquisire conoscenze tanto precise di politica, legge, scienza e geografia, presenti nelle sue opere, non avendo viaggiato più in là di Londra. Forse, è la conclusione, non si trattava di una persona, ma soltanto di uno pseudonimo.
Solo un prestanome. Ma se furono i Florio a scrivere le opere, Shakespeare che c’entra? Gli italiani, suggeriscono gli studiosi, volevano mantenere l’anonimato: il padre, uomo di chiesa che aveva abbracciato il riformismo di Lutero, perché temeva ancora le persecuzioni dei cattolici; il figlio, uomo di prestigio a corte, perché all’epoca era considerato sconveniente firmare le opere del teatro popolare. Ed ecco cosa c’entra William. «Per venderle e rappresentarle avevano bisogno di un socio come Shakespeare: un tipo volitivo, concreto e intraprendente, già inserito nelle compagnie teatrali», nota l’esperto. La loro collaborazione però non sarebbe rimasta segreta: il drammaturgo Robert Greene, offeso dalle arie che si dava quel prestanome, denunciò in un libello l’arroganza di “un corvo appena venuto alla ribalta, che (...) benché sia in tutto e per tutto uno Johannes Factotum (per alcuni il soprannome di Florio), si crede il solo Shake-scene (“scuoti-scena”) del paese intero”.

Un segreto di Pulcinella, insomma, forse ancora sepolto fra i 340 volumi e gli scritti dei Florio. John, infatti, lasciò tutto in eredità al conte William III di Pembroke, ma tuttora gli eredi si rifiutano di aprire le porte della loro biblioteca agli studiosi. Forse, per continuare a difendere il falso mito letterario d’Inghilterra.


Maria Leonarda Leone per Focus 281

sabato 16 aprile 2016

NEMESIS Una storia del tempo antico: Il nuovo romanzo di Giancarlo Giuliani

Dopo  Diospolis, uscito l'ultimo romanzo di Giancarlo Giuliani, NEMESIS Una storia del tempo antico. Presentato al Mediamuseum di Pescara Lunedì 16 Maggio, alle 17:00, questo post è un’anteprima di “condivisione”.

Il corpo di Antifrasio giaceva lì…”. Così, con la vista del cadavere straziato del suo discepolo più promettente, si aprono le prime crepe nelle sicurezze e nel tranquillo mondo di Alessandro, Esegeta per eccellenza delle opere di Aristotele e professore di filosofia peripatetica prima nella cittadina periferica di Afrodisia e più tardi ad Atene. Ma si apre, contemporaneamente, anche l’indagine del filosofo, deciso a svelare l’identità dell’assassino e a mettere al sicuro dei misteriosi papiri che, a loro volta, sembrano all’origine della catena di delitti susseguitisi in città. Sullo sfondo, la riflessione sui temi della condizione e dell’agire umani, la domanda se siamo liberi o determinati e, soprattutto, che cosa significhi essere liberi. Alessandro riuscirà a risolvere il caso e, nello stesso tempo, a darsi una risposta che riparte peraltro dai personaggi all’apparenza più deboli della vicenda e che, invece, finiranno per rivelarsi i più forti, i più affascinanti e carismatici, in un rovesciamento non casuale. Al susseguirsi incalzante degli eventi corrispondono dunque uno scavo psicologico e un’analisi filosofica non meno appassionanti.

Giancarlo Giuliani è nato a Pescara, si è laureato in Lettere Classiche ed ha insegnato Italiano e Latino nelle scuole superiori.  Presente in varie antologie, ha pubblicato negli anni Ottanta un saggio di Sociologia dell'immagine. Dal caos incomposto trascinato sulla terra alla fine di un cupo 1947, ha trovato le ali tra le antiche pietre di L’Aquila, nella solitudine delle montagne, dopo aver rifiutato il fascino indistinto del mare. Parole hanno trovato forma compiuta e sono state consegnate alla lettura: maschera e viandante incappucciato nei mondi della fotografia e della saggistica, tra squarci di poesia, riconosciuto da molti, ignoto a se stesso. Ora l’alchimia è compiuta, in attesa del prossimo caos, e il Liber Alchemicus dona una pausa al viandante perenne. Ma passano i giorni e l’immagine di un libro misterioso, smarrito da tempi lontani, si fa sempre più viva, finché anche il Libro perduto trova la sua forma. Dopo un lungo silenzio, ha pubblicato alcune raccolte di versi: Ulisse non è mai partito (Roma, 2009); Liber Alchemicus (Pescara 2010); Libro Perduto (Pescara, 2011) e Caos ipermetrico (Chieti 2012). Nel 2012 ha pubblicato un radiodramma noir in 30 quadri, Bisturi (Pescara 2012). Nel 2013 esce il suo primo romanzo storico sulla figura di Pitagora giovane: Diospolis (Chieti 2013)

Bibliografia:

Dentro e oltre le parole (antologia/rapporto) Palermo 1980

Quotidiano indicibile (antologia/rapporto) Palermo 1980

Quale immagine? (note sul ruolo della fotografia nella società attuale) Pescara 1980

Ulisse non è mai partito (poesie) Roma 2008

La parola che ricostruisce (antologia) Pescara 2010

Liber alchemicus (poesie) Pescara 2010

Libro perduto (poesie) Pescara 2011

Bisturi (radiodramma in 30 quadri) Pescara 2011

Caos ipermetrico (poesie) Chieti 2012

Diospolis (una storia del VI secolo a.C.) Chieti 2013

L’0mbra di N. (radiodramma in 26 quadri)  Chieti 2014


Traduzioni:

Alano di Lilla, Quasi Liber, Roma 2013

Alano di Lilla, De Planctu Naturae (ebook), Roma 2013

Arthur Schnitzler, Der Schleier der Pierrette, Roma 2014



NEMESIS Una storia del tempo antico
Presentazione di Giovanni D'Alessandro
Edizioni Tabula fati
[ISBN-978-88-7475-490-8]
Pagg. 112 - € 10,00