menti in fuga - le voci parallele

menti in fuga - le voci parallele / menti critiche / @Giovanni_Dursi / Atomi reticolari delle "menti critiche", impegnati nella trasformazione sociale e "messa in questione del rapporto tra la forma capitalista (intesa come Gestalt, come forma della percezione) e la potenza produttiva concreta delle forze sociali, particolarmente la potenza dell’intelletto generale"

mercoledì 1 giugno 2016

A Monza Doisneau, fotografo delle banlieue (By Grazia Lissi)

Parigi 1950, un fotografo dell’agenzia Rapho scatta la foto che diventerà l’icona dell’amore assoluto. Il bacio a l’Hotel de Ville è forse lo scatto più celebre del Novecento, sicuramente il più commerciale, visto che ancora oggi è riprodotto su poster, magliette, cartoline. Solo dopo decenni l’autore svelerà di aver creato la foto chiedendo a due fidanzati incontrati al Cafè Villars, in Rue de Rivoli, di posare per lui. Non era uno scatto spontaneo ma quest’immagine intensa come le canzoni di Edith Piaf consacra alla storia della fotografia Robert Doisneau. Fino al 3 luglio 2016 all’Arengario di Monza (MB) una mostra dedicata al maestro parigino: Robert Doisneau. Le merveilleux quotidien a cura dell’Atelier Doisneau, Francine Deroudille, Annette Doisneau, realizzata da Fratelli Alinari, Fondazione per la Storia della Fotografia e Vidi (catalogo Alinari) .
Robert Doisneau nasce nel 1912 a Gentilly, nella periferia parigina, un quartiere popolare che segna profondamente i reportage dell’artista. Diventa il poeta delle banlieue, il narratore della vita di strada e dei suoi sconosciuti abitanti. Doisneau inizia a fotografare nel 1930, sceglie come tematica «arredi urbani», materiali comuni esaltati da luce naturale, «mucchi di pietre per lastricare, cortine d’alberi, lanterne di quartiere, pezzi di grondaia. La mia collezione mi riempiva di gioia», scrive sul suo diario. Fotografa per il puro piacere dello scatto, per sentire il rumore della tendina abbassarsi e, poi, passare al silenzio della camera oscura. «Avevo poco più di diciotto anni e un’attrezzatura che non mi permetteva foto in movimento. Il mio occhio di giovane incisore alla ricerca di materiali interessanti si è probabilmente attardato su questo ammasso di pietre che riceveva la luce in maniera perfetta. O forse ho ceduto alla dittatura del mio inconscio? Mio nonno faceva il cavapietre a Epernon nell’ Eure-et-Loire».
Accetta di lavorare come fotografo per Renault ma le schematiche foto della produzione l’annoiano, viene chiamato da Vogue ma anche la moda non lo soddisfa. Comincia a collaborare con un’agenzia fotografica a cui resta legato tutta la vita. Nel 1946 lavora con lo scrittore Blaise Cendrars al suo primo libro, La banlieue de Paris, che nel 1949 vince il premio Kodak, e nello stesso anno incontra Jacques Prévert.
«La voglia di fare una fotografia, spesso, è la continuazione di un sogno. Mi sveglio un mattino con una straordinaria gioia di vedere, di vivere…Allora devo andare. Ma non troppo lontano, perché se si lascia passare del tempo, l’entusiasmo, il bisogno, la voglia di fare svaniscono». Come per gioco fotografa il quartiere dove vive, la periferia della Ville Lumière. Bambini attraversano il selciato camminando sulla mani e a testa in giù, giovani mamme consolano i loro piccoli, ragazze sorridono al futuro, giovani prendono il sole sulle rive della Senna, portinaie sospettose sbirciano dalla guardiola. Una lunga sequenza di gente semplice, anonimi di un mondo sommerso che Doisneau che con la sua macchina fotografica fa esistere. Umili che consegna alla storia e che, grazie a lui, possiamo ricordare e amare.
«Quello che cercavo di mostrare era un mondo dove mi sarei sentito bene, dove le persone sarebbero state gentili, dove avrei trovato la tenerezza che speravo di ricevere. Le mie foto erano come una prova che questo mondo può esistere».
Il fotografo scompare nel 1994 senza essersi mai allontanato da Parigi, senza mai realizzare reportage all’estero come facevano molti suoi colleghi. L’amico Prevèrt scriveva: “Robert Doisneau, senza alcun orgoglio o complesso di superiorità, prepara i suoi specchietti per le allodole…e coniuga il verbo fotografare sempre all’imperfetto di un modo e di un mondo assolutamente oggettivi”.


Galleria di immagini

© Istituto della Enciclopedia Italiana - Riproduzione riservata

Nessun commento:

Posta un commento