menti in fuga - le voci parallele

menti in fuga - le voci parallele / menti critiche / @Giovanni_Dursi / Atomi reticolari delle "menti critiche", impegnati nella trasformazione sociale e "messa in questione del rapporto tra la forma capitalista (intesa come Gestalt, come forma della percezione) e la potenza produttiva concreta delle forze sociali, particolarmente la potenza dell’intelletto generale"

mercoledì 30 marzo 2016

Investimenti ZERO in istruzione e cultura

L'Italia è all'ultimo posto in Europa per percentuale di spesa pubblica destinata all'istruzione (7,9% nel 2014 a fronte del 10,2% medio Ue) e al penultimo posto per quella destinata alla cultura (1,4% a fronte del 2,1% medio Ue). E' quanto emerge da dati EUROSTAT sulla spesa governativa. La percentuale di spesa per istruzione è scesa di 0,1 punti rispetto al 2013. Se si guarda alla percentuale sul Pil - rileva l'Eurostat - la spesa italiana per l'educazione è al 4,1% a fronte del 4,9% medio Ue, penultima dopo la Romania (3%) insieme a Spagna, Bulgaria e Slovacchia.  
Nell'istruzione la spesa è in linea con la media nell'istruzione primaria, lievemente più bassa per quella secondaria mentre è molto inferiore per l'istruzione terziaria ovvero universitaria e post universitaria e nella ricerca.

La spesa in percentuale sul pil nell'istruzione terziaria è allo 0,8% in media Ue e allo 0,3% in Italia mentre se si guarda alla percentuale sulla spesa pubblica l'Ue si attesta in media sull'1,6% e l'Italia sullo 0,7%. 
Nella spesa per l'istruzione terziaria il nostro paese è fanalino di coda in Ue, lontanissimo dai livelli tedeschi (0,9% sul pil e 2% sulla spesa pubblica).
La spesa pubblica nel 2014 in Italia è stata pari al 51,3% del pil (48,2% la media Ue), in crescita, ma al di sotto di quella francese (57,5%), belga e di diversi paesi del nord Europa.
L’istruzione doveva essere il vanto del nostro Paese, ne avevamo il primato e studiavamo su testi scritti in lingua originale, un popolo di letterati e di filosofi, eccellenze nell’arte e nella poesia, finché non è arrivato il report dell’Eurostat.
L'Italia è all'ultimo posto in Europa per percentuale di spesa pubblica destinata all'istruzione (7,9% nel 2014 a fronte del 10,2% medio Ue) e al penultimo posto per quella destinata alla cultura (1,4% a fronte del 2,1% medio Ue). Nel report si specifica che la posizione è valutata sugli investimenti da parte del Governo italiano nel settore dell’istruzione.La percentuale di spesa per istruzione è scesa di 0,1 punti rispetto al 2013. Se si guarda alla percentuale sul Pil, rileva l'Eurostat, la spesa italiana per l'educazione è al 4,1% a fronte del 4,9% medio Ue, penultima dopo la Romania (3%) insieme a Spagna, Bulgaria e Slovacchia.  Nell'istruzione la spesa è in linea con la media nell'istruzione primaria, lievemente più bassa per quella secondaria mentre è molto inferiore per l'istruzione terziaria ovvero universitaria e post universitaria e nella ricerca. La spesa in percentuale sul pil nell'istruzione terziaria è allo 0,8% in media Ue e allo 0,3% in Italia mentre se si guarda alla percentuale sulla spesa pubblica l'Ue si attesta in media sull'1,6% e l'Italia sullo 0,7%. Nella spesa per l'istruzione terziaria il nostro paese è fanalino di coda in Ue, lontanissimo dai livelli tedeschi (0,9% sul pil e 2% sulla spesa pubblica).La spesa pubblica nel 2014 in Italia è stata pari al 51,3% del pil (48,2% la media Ue), in crescita, ma al di sotto di quella francese (57,5%), belga e di diversi paesi del nord Europa. 
Stiamo vivendo un processo di imbarbarimento? Probabilmente no, tuttavia la certezza è che l’insufficienza delle risorse destinate all’istruzione ma anche la carenza di investimenti nelle generazioni future soprattutto nelle università rischia di danneggiare irrimediabilmente la futura classe dirigente e che dovrebbero rappresentare l’élite del paese. Più grave degli scarsi investimenti sull’istruzione è la totale assenza di progettualità e di una visione ad ampio raggio per il futuro del paese che rischia sempre di più, in un mercato del lavoro ormai diventato globale, di penalizzare i nostri giovani.
Inoltre, contestualmente ai dati "strutturali" del sistema scuola / cultura, va ribadito che dal confronto tra le retribuzioni dei docenti, i diversi livelli di responsabilità e le varie voci integrative dello stipendio emerge come questa figura professionale sia in molti paesi pagata ancora troppo poco. Servono politiche attive che valorizzino la professione e accrescano la motivazion. La maggioranza degli insegnanti europei percepisce retribuzioni inferiori al PIL pro capite del rispettivo paese, per cui sarebbe necessario attuare al più presto politiche in grado di valorizzare, perché no anche attraverso un’adeguata remunerazione, la professionalità degli insegnanti e ne accrescessero la motivazione.
Il recente studio Eurydice dal titolo “Teachers' and School Heads' Salaries and Allowances in Europe, 2012/13”” segue di pochi mesi l’indagine più approfondita della rete Eurydice sulla professione docente, Cifre chiave sugli insegnanti e i capi di istituto in Europa, e analizza, per l’anno scolastico 2012/2013, i seguenti aspetti: gli organi decisionali per la definizione degli stipendi; gli stipendi del settore privato; gli stipendi lordi minimi e massimi stabiliti per legge in rapporto al PIL pro capite; la progressione salariale in funzione dell’anzianità di servizio; le diverse tipologie di indennità e gli organi responsabili dell’assegnazione. Quello che accomuna quasi tutti i paesi è l’ampliamento della gamma di competenze richieste agli insegnanti, che ora non debbono solo più appunto insegnare, ma devono essere in grado di eseguire una serie di compiti aggiuntivi, come l'utilizzo delle nuove tecnologie, lavorare in team  assistere l'integrazione dei bambini con bisogni educativi speciali, e partecipare anche alla gestione della scuola. Allo stesso tempo, il settore dell'istruzione è sempre più in concorrenza con il mondo del lavoro per attrarre i migliori giovani laureati qualificati. Stipendi e condizioni di lavoro dovrebbero dunque essere competitivi per far sì che i giovani qualificati siano attratti dalla professione e per fare questo dovrebbero essere attivate politiche riguardanti proprio il guadagno dei docenti. Cosa che attualmente non avviene in gran parte dei paesi della rete Eurydice, dove dal 2009 le retribuzioni degli insegnanti in termini di potere d’acquisto hanno subito una battuta di arresto, se non addirittura un arretramento per via della crisi economica, con il blocco degli stipendi, com’è avvenuto in Italia.

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