menti in fuga - le voci parallele

menti in fuga - le voci parallele / menti critiche / @Giovanni_Dursi / Atomi reticolari delle "menti critiche", impegnati nella trasformazione sociale e "messa in questione del rapporto tra la forma capitalista (intesa come Gestalt, come forma della percezione) e la potenza produttiva concreta delle forze sociali, particolarmente la potenza dell’intelletto generale"

mercoledì 6 aprile 2016

#statigeneralifilosofiabambini

STATI GENERALI DELLA FILOSOFIA CON I BAMBINI

Venerdì 8 e Sabato 9 Aprile la seconda edizione degli Stati Generali della Filosofia per/con i bambini. La Fondazione San Carlo di Modena ospita la seconda edizione degli Stati Generali della filosofia per/con i bambini, in programma venerdì 8 aprile.
L'iniziativa, che gode del patrocinio della Commissione Nazionale Italiana per l'UNESCO, organizzata dai Ludosofici in collaborazione con la Fondazione San Carlo, intende essere un'occasione di riflessione sui metodi di applicazione della filosofia nell'ambito dell'insegnamento e della didattica per bambini, attraverso il confronto tra operatori specializzati.

Un nuovo momento di confronto tra le realtà che, attraverso lo strumento della Filosofia, condividono il sogno di crescere nuove generazioni capaci di porsi in maniera criticamente attiva di fronte ad una realtà complessa e mutevole.Il convegno, rivolto a un pubblico di insegnanti, educatori e genitori, si terrà venerdì 8 aprile, dalle ore 15 alle ore 19, presso il Teatro della Fondazione San Carlo. A intervenire saranno Fiorenzo Ferrari (Filosofia con i bambini, Verbania), Alfonso M. Iacono (Università di Pisa), Franco Lorenzoni (Associazione Cenci casa-laboratorio, Amelia) e Gloria Origgi (Centre National de la Recherche Scientifique, Parigi).
Dopo il convegno, sabato 9 aprile, saranno proposti i laboratori di filosofia Parole povere, in programma alle ore 10 e rivolto ai bambini dai sei agli otto anni, a cura di Prisca Amoroso e Giorgio Borghi (Progetto FilosoFare), e Passioni in gioco, in programma alle ore 11.15 e rivolto ai bambini dai nove ai dieci anni, a cura di Emma Nanetti (Fondazione San Carlo).
Il convegno è a ingresso libero. I laboratori, che si terranno presso la Fondazione San Carlo, sono a ingresso gratuito con prenotazione obbligatoria fino a esaurimento posti. Per informazioni e per la prenotazione dei laboratori è possibile contattare il numero 059.421236 o scrivere all'indirizzo cc@fondazionesancarlo.it.

Vai sul sito degli Stati Generali

A partire dal 2010 la Fondazione San Carlo ha deciso di ampliare e potenziare la propria offerta culturale e formativa attraverso l'organizzazione di una serie di iniziative, la maggior parte delle quali aperte al pubblico, dedicate alla filosofia con i bambini. Tali iniziative contribuiscono ad arricchire un quadro di attività già ampio, che comprende la formazione postuniversitaria offerta dalla Scuola Internazionale di Alti Studi, la formazione universitaria offerta dal Collegio Universitario, le attività didattiche e di formazione permanente organizzate dal Centro Culturale e dal Centro Studi Religiosi, oltre alla collaborazione con le scuole secondarie superiori attraverso i workshop su temi filosofici. La filosofia con i bambini consente di rivolgersi ai più piccoli, che frequentano la scuola dell'infanzia e la scuola primaria, utilizzando nuove metodologie didattiche e formative.

La riflessione sulla filosofia con i bambini viene sviluppata dalla Fondazione San Carlo secondo una pluralità di forme diverse: attivazione di corsi di formazione per insegnanti ed educatori, realizzazione di conferenze pubbliche e seminari, pubblicazione di manuali didattico-operativi, organizzazione di laboratori e letture per i più piccoli.

Si cerca in tal modo di perseguire un duplice intento. Da una parte, mettere in comunicazione il mondo della scuola con quello dell'università, combinando l'esperienza sul campo con la riflessione e la ricerca sulle pratiche didattiche. Dall'altra parte, realizzare percorsi di formazione per i bambini allo scopo di sviluppare il loro potenziale critico e la loro capacità di interagire con i coetanei e gli adulti.

Comune denominatore di queste diverse attività è la convinzione che il sapere filosofico può fornire ai bambini gli strumenti per sviluppare la consapevolezza critica necessaria per confrontarsi con i problemi posti dalle democrazie contemporanee e con le contraddizioni che la crescita individuale inevitabilmente comporta. I bambini, infatti, non devono essere sottratti all'esperienza del reale nella sua complessità: solo così possono acquisire un pensiero autonomo e responsabile, libero da pregiudizi e capace di esercitare una riflessione matura su ciò che li circonda.

Pier Paolo e la "radicalità" da inventare



Nell’estate del 1975, Pier Paolo Pasolini è impegnato al montaggio di uno dei suoi film più discussi, “Salò o le 120 giornate di Sodoma”, e nella stesura del romanzo “Petrolio”, un atto di accusa contro il potere politico ed economico dell’epoca. Intanto, da mesi ha una relazione con Pino Pelosi, un giovane sottoproletario romano che ha legami con il mondo criminale della capitale. Una notte, alcuni amici di Pelosi rubano il negativo di “Salò” e chiedono un riscatto esorbitante. Il loro vero obiettivo non sono i soldi, ma uccidere Pasolini. Il film, in questi giorni nelle sale, “La macchinazione”, per la regia di David Greco, sceneggiato dalla stesso Greco in collaborazione con Guido Bulla, risulta effettivamente fedele ad una verità da molti sostenuta in modo documentato ed argomentato sulla fine del poeta, scrittore, regista ed intellettuale bolognese di nascita. Inoltre, propone un'esperienza d'approfondimento consistente nella lettura o rilettura del libro, “Petrolio”, purtroppo ultima fatica pasoliniana, pubblicato da Einaudi nel 1992 e da Mondadori nel 1998 che, nell'ambito della curatissima edizione speciale per Corriere della sera di tutti gli scritti pasoliniani in corso di uscita, lo offre nuovamente all'attenzione (RCS Media Group, 2015, Vol. n° 10). Testo di ardua comprensione, tuttavia capace di accompagnare adulti e giovani verso quell'autentica maturità del vivere che è sconvolgimento irreversibile delle più sedimentate e recondite convinzioni individuali sulla società italiana nell'attuale complicatissimo scenario d'una globalizzazione che esige i suoi morti, le sue guerre, le sue devastazioni ambientali, le sue discriminazioni, come cifra, apparentemente immodificabile, dell'umanità storicamente determinata nella formazione economico-sociale capitalista.

Nell’intervista di Luisella Re del 1 Gennaio 1975, Pier Paolo Pasolini di “Petrolio” dice: “Ho iniziato un libro che mi impegnerà per anni, forse per il resto della mia vita. Non voglio parlarne, però: basti sapere che è una specie di ‘summa’ di tutte le mie esperienze, di tutte le mie memorie”. Riferendosi all'opera che stava sviluppando, a Paolo Volponi, amico e scrittore (autore, tra l'altro, de “Le mosche del capitale”, Einaudi, 1989; potremmo definirlo un docu-romanzo sul mondo dell'industria italiana, della finanza e del potere, con il quale Volponi ha lasciato il suo testamento narrativo), Pasolini scrive: “Il racconto è la fedele rappresentazione della sviscerata crisi della Repubblica e della società, con il petrolio sullo sfondo come grande protagonista della divisione internazionale del lavoro, del mondo del capitale che è quello che determina poi questa crisi, le nostre sofferenze, le nostre immaturità, le nostre debolezze, e insieme le condizioni di sudditanza della nostra borghesia, del nostro presuntuoso neocapitalismo”. Dell'opera incompiuta pasoliniana, è stato pubblicato un frammento di seicento pagine la cui prima bozza della trama risale al 1972. L’opera, in ogni caso, trova proprio nell’incompiutezza una delle sue caratteristiche, tanto che essa si presenta “sotto forma di edizione critica di un testo inedito”, una sorta di ulteriore salutare provocazione culturale per la società civile ed intellettualità diffusa, non solo italiane, troppo conformiste ed inclini alla subordinazione esistenziale al potere vigente, alla vigilia di un movimento di rivolta che, alla fine degli anni '70 del Novecento, trova l'espressione sincera e residuale, al tempo stesso, di un dilagante disagio sociale, movimento giovanile e proletario inconsapevolmente pasoliniano, ancora una volta inascoltato,  represso e7o anestetizzato. Impegnando tutte le sue energie, Pasolini intendeva battere una strada nuova nell'interventismo culturale inventando, piuttosto che fondendo stili letterari diversi, il linguaggio del docu-romanzo alimentato da una ben percepibile ansia di partecipazione e di denuncia che si coglie nelle parole d'una lettera ad Alberto Moravia: “ … mi riuscirebbe molto faticoso ricominciare da capo ...”. Infatti, il carattere volutamente frammentario e disorganico è più volte descritto da Pasolini, all’interno dello stesso “Petrolio”, come un esplicito e lucido tentativo di “fare una forma”, instituendola in corpore vili, ovvero all’interno dello stesso testo, e di creare un nuovo romanzo, non più a “schiodinata”, ma “a brulichio”, ovvero tramite la progressiva accumulazione e stratificazione di materiale, tanto è stata l'attenzione pasoliniana al presente per far si che esso potesse dotarsi d'una alternativa. Guardare dentro l’immanenza, esplorarla senza riserve ed il protagonismo critico-pratico sono le azioni che si amalgamano nella scrittura di Pasolini rispondendo all'esigenza di non “sparire” nella classica funzione di narratore esterno ben consolidata nella letteratura precedente, e di permanere all’interno del docu-romanzo come una presenza che guida il lettore nel suo percorso, gli spiega il significato di certe sue scelte narrative codificate nella lingua della saggistica e del giornalismo.

Come è stato osservato, “Pasolini, con una penna violentemente espressionista, dipinge una realtà hegelianamente dinamica, in automovimento, sintesi di opposti che trapassano continuamente l’uno nell’altro, in virtù della loro coincidenza, in cui niente è senza il suo contrario” (Marco Michelutti); “Petrolio è un opera totalizzante, paradossalmente illimitata nella sua (non) forzata limitatezza. Essa è la descrizione di una società e della sua logica. È la storia di un individuo, di molti. È creazione, prodotto dell’arte di Pasolini. È il suo testamento, l’espressione ultima di un intera carriera, il suo ultimo respiro, brutalmente spezzato. Ma non solo. Petrolio è Pasolini” (autore citato). È vero che evocando oggi “Petrolio”, non si può liquidare l'esigenza d'una nuova stagione di elaborazione delle idee e della loro traduzione in prassi d'emancipazione come velleitarismo intellettualistico; il libro in questione fa entrare l'inquietudine nelle coscienze pronte a divincolarsi dal giogo dell'omologazione e dell'ignavia. È l’insieme delle morti che hanno come movente l’oro nero che interroga ancora oggi. Nel 2003 lo scriveva già il magistrato Vincenzo Calia nella “Richiesta d’archiviazione del caso Mattei”, citando appunto “Petrolio”. In quel docu-romanzo incompiuto, che mescola l’allegoria erotica con i riferimenti alla storia e all’attualità politico-economica, l’autore arriva alle stesse conclusioni a cui venticinque anni dopo sarebbe giunto Calia dopo la sua lunga indagine. Pasolini lo scrive in uno schema riassuntivo intitolato Appunti 20-30. Storia del petrolio e retroscena: «In questo preciso momento storico (I Blocco politico) Troya (!) sta per essere fatto presidente dell’Eni: e ciò implica la soppressione del suo predecessore (caso Mattei, cronologicamente spostato in avanti)». Troya è il nome che nella finzione lo scrittore attribuisce a Eugenio Cefis. Era quanto aveva rivelato, peraltro, un misterioso libro firmato con lo pseudonimo Giorgio Steimetz e intitolato Questo è Cefis. Il libro, richiamato nel film “La macchinazione” di David Greco, uscito nel 1972 per l’Agenzia Milano Informazioni di Corrado Ragozzino, racconta la spregiudicata avventura di un capitano d’industria tra pubblico e privato, tra Stato e centri di potere occulto. L’Agenzia era finanziata dal democristiano Graziano Verzotto , della corrente rumoriana, braccio destro siciliano di Mattei e informatore segreto di Mauro De Mauro, il giornalista de «L’Ora» di Palermo ucciso nel 1970 mentre indagava sul caso Mattei, arrivando più meno alle stesse conclusioni riguardo alla responsabilità di Cefis.
Ebbene, in “Petrolio” si parla del nuovo potere che agisce sugli individui in forme capillari, non solo a livello mentale, attraverso imposizione di modelli, e che raggiunge anche i loro corpi. Espedienti narrativi sono il sesso, il potere, la frantumazione dell’Io, l'ultima forma di borghesizzazione, certo, e vari altri motivi si intersecano in un gioco di scambi e rimandi in quella che è la vera e propria trama dell’opera. Si parla della banalità del potere, quella che agisce attraverso la «col-lusione» innocente (dove “innocente” sta per “nascosto alla coscienza”) degli individui, degli intellettuali, persino dei letterati, nel loro desiderio di emersione dall'anonimato e dalla scarsità di denaro poiché non si può scalare la società se si mantiene una certa integrità. Si parla della società italiana e delle radicali alternative da inventare.

giovedì 31 marzo 2016

I murales di Blu, o cosa ne pensiamo oggi della distruzione dell’arte [By Graziano Graziani]

Quando si parla di opere d’arte distrutte, cancellate, la prima cosa che viene alla mente sono le epurazioni naziste della cosiddetta “arte degenerata”, i roghi di libri che hanno ispirato un grande classico come Fahrenheit 451 o tutt’al più l’atto sconsiderato di un vandalo. C’è la possibilità che la soppressione di un’opera d’arte cambi segno e diventi un gesto politico? Sembrerebbe di sì, se a farlo è lo stesso artista che ha creato l’opera, e se lo fa con un obiettivo preciso. Nella notte tra l’11 e il 12 dicembre a Berlino sono scomparsi due grandi murales di Blu, artista italiano considerato tra i più importanti della street art internazionale. A riportarlo è un quotidiano berlinese on line in lingua italiana, Il Mitte, che già il giorno dopo avanza l’ipotesi che sia stato lo stesso artista a procedere alla cancellazione di “Chains” e “Brothers”, due opere che campeggiavano dal 2007 e  dal 2008 su quello scorcio di Kreuzberg, diventandone un segno distintivo.

Blu conferma su suo blog. Cosa è successo? Semplicemente: la città sta cambiano di segno, l’area sta subendo una gentrificazione massiccia e in quel punto di Cuvrystraße che affaccia sul fiume Sprea – dove fino a poche settimane fa risiedeva un “villaggio autonomo” di senza tetto e artisti oggi sgomberato – tra non molto verranno costruiti appartamenti di lusso. Blu, che da sempre utilizza la sua arte a sostegno e valorizzazione delle occupazioni (se fate un giro a Roma a via del Porto Fluviale trovate un bell’esempio) ha semplicemente scelto di anticipare quello sarebbe stato il probabile destino dei due lavori: la cancellazione. C’è anche chi sostiene la possibilità che le due opere potessero essere “inglobate” nella metamorfosi di quel pezzo di città, divenendo elemento decorativo e di una Berlino più “cool”, e che dunque Blu avrebbe voluto con la cancellazione sottrarre le due opere a questo destino. Si parlava infatti della costruzione di appartamenti con vista panoramica su quello scorcio di Sprea. Quale che sia la ragione, oggi su quei muri si può vedere soltanto una tinta nera uniforme.
La cancellazione di un’opera d’arte è qualcosa che ci impressiona. Siamo abituati a pensare all’arte come a un bene dell’umanità che va preservato ad ogni costo (e spesso è davvero così). Certo, nel caso della street art la scomparsa di un’opera va messa in conto, le città e i loro muri cambiano, sono soggetti alle intemperie a alla speculazione. Ma nel gesto volontario di Blu c’è un aspetto che ha a sua volta dell’artistico, che completa il senso delle sue opere – che sono apertamente schierate. C’è la volontà di sottrarsi al meccanismo che ingloba l’arte e la ricontestualizza nel mercato.
Una sottrazione che, all’epoca della grande influenza delle teorie sul postmoderno sembrava inapplicabile: non esiste un “fuori”, e questo ci autorizza ad ammiccare al “dentro” in una confusione di posizioni che rende impossibile qualsiasi presa di posizione. Mi ha ricordato, il gesto di Blu, l’incipit di uno spettacolo di Daria Deflorian e Antonio Tagliarini, “Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni”, a cui proprio ieri a Milano è stato assegnato il Premio Ubu come miglior novità drammaturgica. Anche lì si esordisce con una sottrazione, con un “no”. Gli attori entrano e spiegano al pubblico che non è stato loro possibile “rappresentare” quello che volevano rappresentare: la morte di quattro pensionate greche, suicide a causa della crisi e della conseguente impossibilità di condurre un’esistenza magari povera ma dignitosa.
L’immagine è tratta da alcune pagine di un romanzo, L’esattore dello scrittore greco Petros Markaris, e per quanto non sia una vicenda reale è resa in modo tale da essere comunque dirompente. Ma il meccanismo spettacolare si interrompe prima ancora di cominciare. Gli attori – che sono anche autori – si sottraggono alla rappresentazione dell’immagine e si lanciano in un ragionamento scoperto assieme al pubblico. Ovvio, si tratta di un artificio, siamo pur sempre in teatro e lo spettacolo è stato pensato come tale. Eppure qualcosa si sposta: l’opera, prima che oggetto di consumo o spettacolo, torna ad essere pensata come un processo che tiene in considerazione il contesto e le persone che la guardano.
Parliamo dunque di sottrazione e non di distruzione anche per le opere di Blu. L’iconoclastia, con il suo potenziale di scandalo nel contesto della società dell’immagine, può facilmente strizzare l’occhio all’iconolatria (come ha segnalato il critico Attilio Scarpellini). La distruzione di opere d’arte praticata dallo “young british artist” Michael Landy nel 2010 ha trovato, e giustamente, il suo posto presso la South London Gallery. Ora, non penso che la sottrazione sia la soluzione a tutti i mali: si può tranquillamente continuare a dipingere e a fare teatro. È però un segnale interessante, che ci dice che l’arte può tornare ad essere politica non perché si ispira a principi astratti, ma perché si pensa tale rispetto ad un contesto. E rispetto alle persone che quel contesto lo vivono quotidianamente.
Fonte: MINIMA&MORALIA
http://www.minimaetmoralia.it/wp/

G T

Gianmaria Testa, classe 1958, viveva nelle Langhe in Piemonte, eppure c’è voluta la Francia per scoprirlo (Nicole Courtois Higelin, la sua prima produttrice francese) ... Da quando ha mandato al Festival di Recanati la sua cassetta registrata chitarra e voce, vincendone il primo premio una prima volta nel ’93 e poi di nuovo nel ’94, sono passate un bel po’ di cose: sei dischi -Montgolfières (1995), Extra-Muros (1996), Lampo (1999), Il valzer di un giorno (2000), Altre Latitudini (2003) e l’ultimo Da questa parte del mare (2006)-, più di 1500 concerti in Francia, Italia, Germania, Austria, Belgio, Canada, Stati Uniti, Portagallo, quattro serate tutte esaurite all’Olympia e una lunga teoria di articoli omaggianti sui principali giornali (“Le Monde” in testa).
In Italia il percorso è stato un po’ più complicato e difficile perché condotto davvero senza compromessi, con pochissime apparizioni Tv o passaggi radiofonici e nessun tipo di pubblicità. La sua vera forza è stata ed è ancora il passaparola. Chi va ad un suo concerto non riesce a dimenticarlo: l’emozione nasce palpabile e si divide tra tutti; Gianmaria scherza coi suoi musicisti ed è naturalmente comunicativo; i testi sono belli, sono semplici, sono piccole poesie che parlano della vita e che vivono anche al di là della musica; e lei, la musica, insieme ad una voce che si muove tra rauche asprezze e teneri velluti, i testi li trasporta, li puntualizza, li sottolinea.

Perché le cose cominciassero a cambiare anche in Italia c’è voluto -paradossalmente- Il Valzer di un giorno, quarto disco della sua carriera e il primo di produzione totalmente italiana, che è forse il suo lavoro più ‘difficile’: canzoni riportate alla loro forma più nuda ed essenziale, due chitarre e voce soltanto.

A seguito dell’uscita del disco, nella Stagione 2000/2001 Gianmaria Testa ha realizzato una tournée che l’ha portato in alcuni dei più importanti e prestigiosi teatri italiani: dal Teatro Regio di Torino al Valle di Roma, dal Duse di Bologna, alla Pergola di Firenze, per non citarne che alcuni.

Nel marzo 2001 Il valzer di un giorno è uscito anche in Francia e nel resto d’Europa con l’etichetta Harmonia Mundi, riscontrando un unanime consenso di critica e pubblico. Ad oggi ha superato le 100 mila copie vendute in tutta Europa.

Moltissime le collaborazioni con altri musicisti italiani del jazz e del folk: da Gabriele Mirabassi e Enzo Pietropaoli a Paolo Fresu; da Rita Marcotulli a Riccardo Tesi (col quale ha dato vita al “Progetto Saramago”, una sorta di omaggio al grande nobel per la letteratura); da Enrico Rava (insieme al quale ha presentato con grande successo per Fuorivia Guarda che luna!, spettacolo dedicato alla figura di Fred Buscaglione che ha visti protagonisti, oltre a loro, la Banda Osiris, Stefano Bollani, Enzo Pietropaoli e Piero Ponzo) a Battista Lena per il quale ha fatto la voce recitante e ha cantato nel suo ultimo lavoro discografico (I cosmonauti russi) dedicato alla navicella spaziale MIR, sempre prodotto da Fuorivia.
A settembre 2003 un’altra esperienza importante: lo spettacolo Attraverso realizzato al Festival della Letteratura di Mantova per Produzioni Fuorivia con Erri De Luca, Marco Paolini, Mario Brunello, Gabriele Mirabassi.
Il 24 ottobre 2003 è uscito in tutta Europa, Canada e Stati Uniti un nuovo disco, Altre Latitudini (Harmonia Mundi / Ird),14 canzoni di amore trovato o perso per le quali hanno suonato alcuni grandissimi musicisti (Mario Brunello, Enrico Rava, Rita Marcotulli, David Lewis, Gabriele Mirabassi, Luciano Biondini, Fausto Mesolella, ecc.). Altre Latitudini è stato presentato in Francia per una settimana al Café de la Danse di Parigi e in Italia per una settimana al Teatro Gobetti di Torino. A questi hanno fatto seguito naturalmente altri concerti (al Nuovo Auditorium di Roma, al Teatro Rossini di Pesaro, al Teatro Alfieri di Asti, ecc.). In estate è stato presentato anche in Canada, al Festival di Québec, oltre che in Germania, Austria e Olanda. Nel novembre 2005 è stata programmata un’importante tournée negli Stati Uniti (New York, Los Angeles, Cleveland e Chicago) che ha riscosso molto successo.
Da ricordare, per il 2004, due altre produzioni importanti alle quali Gianmaria ha preso parte: RossinTesta, viaggio surreale con Paolo Rossi e Chisciotte e gli invincibili, da un testo inedito di Erri De Luca. Quest’ultimo ha girato per 4 stagioni con grande successo in Italia e nel 2008 ha iniziato anche un suo percorso francese con spettacoli a Grenoble, Parigi, Calais… e un dvd edito da Gallimard.
Alla fine ottobre 2005 è stata distribuita una nuova versione, completamente rimasterizzata e con una nuova veste grafica dell’album Extra-Muros, ormai introvabile sul mercato
Il 13 ottobre 2006 è uscito il suo nuovo lavoro discografico, DA QUESTA PARTE DEL MARE, un concept album totalmente dedicato al tema delle migrazioni moderne, una riflessione poetica, aperta e senza demagogia sugli enormi movimenti di popoli che attraversano questi nostri anni. Sulle ragioni, dure, del partire, sulla decisione, sofferta, di attraversare deserti e mari, sul significato di parole come “terra” o “patria” e sul senso di sradicamento e di smarrimento che lo spostarsi porta sempre con sé. A qualsiasi latitudine. Prodotto da Paola Farinetti per Produzioni Fuorivia, ha la direzione artistica di Greg Cohen. Da segnalare la presenza di Bill Frisell accanto a quella dei musicisti che da sempre collaborano con Gianmaria: Gabriele Mirabassi, Paolo Fresu, Enzo Pietropaoli, Philippe Garcia, Luciano Biondini, Claudio Dadone, Piero Ponzo.
Da questa parte del mare ha ricevuto la TARGA TENCO 2007 come miglior album dell’anno. Dopo una presentazione a Parigi (L’Européen dal 17 al 21 ottobre 2006), il nuovo disco sarà presentato anche in Italia (il 25 ottobre al Teatro Regio di Torino, il 26 ottobre al Teatro Modena di Genova, il 27 e il 28 ottobre alla Galleria Toledo di Napoli, ecc.), in Germania e Austria (dicembre 2006), in Olanda (The Hague Jazz Festival – 18 e 19 maggio 2007) e in Canada (Festival di Québec – 15 luglio 2007). Il 25 maggio 2008 è stato presentato anche al Joe’s Pub di New York con un bel sold out.
Per l’inizio del 2009 è prevista l’uscita di un nuovo cd: per la prima volta Gianmaria presenterà un LIVE -“SOLO-dal vivo”, il titolo dell’album- frutto della registrazione di un concerto in solo all’Auditorium di Roma. Il disco uscirà in Italia il 19 gennaio con EGEA RECORDS e nel resto del mondo il 12 febbraio con l’etichetta HARMONIA-MUNDI / LE CHANT DU MONDE. La presentazione al pubblico avverrà nel mese di MARZO 09 con concerti a Parigi, Milano, Roma, Bruxelles, Amsterdam, Berlino, Vienna e in altre città.
Per ulteriori notizie, dal sito del cantautore: gianmaria TESTA
Alcune opere  di Gianmaria Testa

Da questa parte del mare Album musicale di Gianmaria Testa
http://www.gianmariatesta.com/news-italiano/