menti in fuga - le voci parallele

menti in fuga - le voci parallele / menti critiche / @Giovanni_Dursi / Atomi reticolari delle "menti critiche", impegnati nella trasformazione sociale e "messa in questione del rapporto tra la forma capitalista (intesa come Gestalt, come forma della percezione) e la potenza produttiva concreta delle forze sociali, particolarmente la potenza dell’intelletto generale"

lunedì 28 dicembre 2015

Note per la cultura - La critica all'deologia e l'addestramento al conformismo: Karl Marx e l'eredità della Scuola di Francoforte

Se Durkheim sottolinea il ruolo coercitivo della società, in quanto impone agli individui i propri modelli e valori, Marx (1818 - 1883) concorda con il pensatore francese puntando il dito contro le ideologie . Questo termine è stato usato per la prima volta dal filosofo Destutt de Tracy (1754 - 1836) per far riferimento all'insieme delle analisi sulle origini delle idee, la grammatica e la logica. L'accezione subisce l'inflessione negativa nel momento in cui il termine “ideologues” va ad indicare gli intellettuali astratti o in malafede. Anche per Marx l'ideologia ha un carattere negativo poiché indica quelle “rappresentazioni illusorie della realtà che servono ad occultare le effettive contraddizioni di essa e a legittimare gli interessi del potere costituito” che danno luogo a false universalizzazioni, la cui funzione è soprattutto quella di giustificare l'ordine costituito e di incanalare le frustrazioni proprie degli individui verso ideali astratti (...) in modo da allentare le tensioni conflittuali presenti nella società e da mantenere il consenso. Le ideologie sono, quindi, soprattutto uno strumento di potere e di manipolazione delle coscienze (Crespi 2002, 29 - 30). Le idee di Marx poggiano su di una concezione materiale del mondo; in questi termini il punto di partenza dell'analisi marxista è l'homo faber, l'uomo produttore, vale a dire l' uomo che lavora per sostenersi attraverso la produzione e la riproduzione. Ciò che la concezione materialista implica per la sociologia della cultura è che la religione, i valori, l'arte, le idee, le leggi e la cultura in generale sono i prodotti della realtà materiale. Come dice Marx, i materialisti partono dall'assunto che la direzione della causalità è dalla terra al cielo e non dal cielo alla terra; la ricerca culturale, pertanto, dovrebbe muoversi nella stessa direzione. Così, tutto ciò che esiste, dalle cose materiali come gli alberi fino alla stessa cultura, sono prodotti sociali tutti generati da una base costituita dall'economia e dalle forze materiali di produzione. In base a questo Marx afferma che la cultura, il governo, la religione, la politica e le leggi erano tutte sovrastrutture poste su una base fatta di forze materiali di produzione e delle loro fondamenta economiche; non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza (Marx, 1978) . In quest'ottica, la cultura e le idee prevalenti di una società riflettono la posizione della sua classe dominante, e la presunta validità e universalità di tali idee permetterebbero alla classe stessa di giustificare la sua posizione di preminenza. Le idee dominanti presenti in un determinato contesto storico non sono altro che il frutto di una trasposizione delle stesse idee all ‟ interno della società perché, usando le parole di Marx, “la classe che è la potenza materiale dominante della società è in pari tempo la sua potenza spirituale dominante. La classe che dispone dei mezzi di produzione materiale dispone con ciò (...) dei mezzi della produzione intellettuale, cosicché ad essa in complesso sono assoggettate le idee di coloro ai quali mancano i mezzi della produzione intellettuale. Le idee dominanti (...) sono i rapporti materiali dominanti presi come idee: sono dunque l'espressione dei rapporti che appunto fanno di una classe la classe dominante, e dunque sono le idee del suo dominio” (1975, 35 - 36) . Si può tuttavia constatare che a livello dell'ideologia in generale si distinguono in realtà diverse ideologie specifiche: di queste, alcune sono destinate a dominare su altre, le quali resteranno, invece, un fenomeno marginale; a d emergere sulle altre saranno le ideologie che ricalcano gli interessi dei gruppi dominanti nella società (Hebdige 2000).
 
 
Il marxismo è stato il punto di riferimento per i teorici della Scuola di Francoforte, l'Institut che raggruppava al suo interno intellettuali le cui aree di pertinenza erano anche molto diversificate tra loro; tra i fondatori si possono citare Adorno (1903 - 1969) e Horkheimer (1859 - 1973), i quali sono tra i protagonisti, con Pollock e Marcuse, della Scuola attorno agli anni Trenta. I teorici francofortesi sostengono il carattere giustificatorio proprio dell'ideologia: quest'ultima si palesa nel momento in cui sussistono rapporti di potere non trasparenti oppure si razionalizzano situazioni di interesse e di gruppo. L'alienazione - altro concetto sul quale Marx ha sviluppato notevoli argomentazioni - secondo la Scuola di Francoforte “arriva a violare spazi un tempo riservati alla libera soggettività: il tempo libero, ad esempio, e la sfera dell'esercizi o della Kultur” (Apergi 1977, 59). La nozione di Kultur può essere intesa secondo diverse significazioni semantiche, anche se la Scuola di Francoforte ne riduce l'ampiezza a due accezioni: “una nozione di Kultur di tipo descrittivo - analitico . In senso largo Kultur designa l'intera sfera sociale, nella totalità delle sue articolazioni, sia “materiali” , che “spirituali” . In senso forte Kultur designa quei settori dell'attività sociale complessiva, i quali si presentano come relativamente disarticolati dal processo di produzione della vita materiale. Horkheimer li chiama: Kulturgebiete (sfere culturali) e li enuncia nella serie: “abitudini, arte, religione e filosofia”; una nozione di kultur costruita con una forte coloritura assiologia positiva, tanto da diventare nozione normativamente connotata, con valenza di dover essere, speranza utopica, progetto di emancipazione, in tensione eversiva rispetto all'esistente (Apergi 1977, 96 - 97). Tra i temi centrali dell'analisi della Scuola di Francoforte non vi è solo la Kultur, ma la Krisis della Kultur stessa: “uno dei motivi più ricorrenti è quello della critica al progresso culturale e alla divaricazione a forbice che si aprirebbe (...) tra l'estensione sempre più quantitativamente rilevante della cultura da un lato, e il depotenziamento qualitativo della stessa dall'altro. Il progresso materiale (Zivilisation) viene associato irreversibilmente al regresso culturale ” (Apergi 1977, 97). Appare qui evidente l'emergere del carattere mercificatorio della cultura, cultura che nelle parole dei teorici francofortesi sembra però conservare un certo grado di qualità se accessibile da un bacino d ‟ utenza piuttosto ristretto, infatti “la qualità (...) si lega alla limitata estensione quantitativa dei suoi destinatari sociali; mentre (...) un allargamento dei suoi “ utenti ” si converte inesorabilmente, in uno sgretolamento del contenuto trasmesso” (Apergi 1977, 97). Lukàcs, in un saggio del 1923 , asserisce - anticipando le posizioni della stessa Scuola di Francoforte - che “ nel momento in cui [la cultura] assume carattere di merce nel sistema di rapporti che la trasforma in merce, cessa anche la sua autonomia, la possibilità della Kultur ” (Lukacs, 1923) . La tesi della cultura come ideologia sostiene che “ la cultura prospetta l ‟ immagine di una società umana che non esiste; copre e dissimula le condizioni materiali su cui si eleva tutto ciò che è umano e, con la sua azione calmante e consolatrice, contribuisce a mantenere in vita la cattiva struttura economica dell'esistenza” (Apergi 1977, 28) . Secondo Adorno e Horkheimer (1966) , l'ideologia capitalistica ha lo scopo di fissare e modellare gli stati di coscienza degli individui, soprattutto attraverso i prodotti dell'industria culturale – quali riviste, radio, televisione, cinema, letteratura di grande diffusione - che strumentalizzerebbero le masse, impedendo così un uso critico dei mezzi di comunicazione di massa. Si viene così ad implementare un addestramento al conformismo che giunge fino alle emozioni più profonde dell'uomo: “la categorica sconfessione della cultura diviene il pretesto per promuovere quanto v'è di più sano e grossolano, che è esso stesso repressivo, e specialmente per dirimere testardamente il conflitto che si perpetua tra società e individuo, che pure sono entrambi condannati a morte, in favore della società secondo i criteri degli amministratori che di essa si sono impadroniti” (Adorno 1972, 19) . Gli autori della Scuola di Francoforte sviluppano inoltre alcune teorizzazioni riguardanti la sociologia dell'arte, sottolineando anche qui l'utilizzo dell'arte al fine di mantenere l'ordine sociale costituito: la maggior parte della produzione artistica dipenderebbe, nell'analisi di Adorno (1959) e Horkheimer, dal potere dominante che sfrutta l'arte per distogliere l'attenzione della collettività dai meccanismi repressivi in atto nella società capitalista (Horkheimer, Adorno 1966) .

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