Essere, agire, patire: l'anomali della finitezza - Un saggio di Luigi Alici
« “Fuori
splendeva il sole e la gente sbrigava le solite faccende d’ogni
giorno. Una donna si precipitò. Un’altra stava rientrando con la
spesa. Nella mente di Charlotte si affollavano mille domande: Quanto
tempo ci resta ancora ? Come supereremo le difficoltà ? E come
pagheremo i conti ? Dal canto suo il mio vecchio professore era
strabiliato dalla normalità di quanto vedeva intorno a sé: Non
dovrebbe fermarsi il mondo? Non sanno quel che mi è capitato ?
Ma il mondo
non si era fermato, era rimasto completamente indifferente e, mentre
apriva fiaccamente la portiera della macchina, Morrie si era sentito
sprofondare in un baratro” (citazione da M. Albom, I miei
martedì col professore. La lezione più grande: la vita , la morte,
l’amore, tr. it. di F. Bandel Fragone, Rizzoli, Milano 1998,
p.16). Con questa toccante annotazione ci viene descritto il primo
incontro di Morrie Schwartz con il male che lo avrebbe ben presto
portato alla morte; un incontro dal quale, tuttavia, egli sarebbe
riuscito a ricavare e trasmetterci una esemplare lezione di vita. [.
. .] Siamo in ogni caso ricondotti, attraverso questi riferimenti, ad
una corporeità che s’annuncia come una sorta di linea vivente di
frontiera tra la dimensione dell’essere e quella dell’avere: il
‘corpo che abbiamo’ e il ‘corpo che siamo’ attestano una
duplicità, una sorta di ambivalenza originaria, che dischiude, come
ci ricorda Marcel, l’orizzonte del metaproblematico. [. . .] ».
Nessun commento:
Posta un commento