“Duepuntozero”, parliamo di autoproduzioni multimediali indipendenti [speciale Zic+video+foto] - By
Le foto dell’ultima giornata di Duepuntozero, i
video e audio degli incontri con Radio Onda d’Urto, Andrea Ronchi e
Simone Aliprandi. Infine, il nostro numero speciale con le riflessioni
di Smk, Zic e RadioAlSuolo.
Dopo la prima bolognese di “Vite al centro” e poi il Rèvolution touR con Wu Ming e la presentazione de “L’Armata dei Sonnambuli”, sabato scorso “Duepuntozero – Autoproduzioni multimediali indipendenti” si è chiuso con tre incontri a cura di RadioAlSuolo, Zic.it e Smk anticipati dal pranzo autogestito targato Eat the rich.
Il primo incontro, “Radio 2.0: info e musica in movimento”, ha visto
la partecipazione di Radio Onda d’Urto da Brescia. Poi “Informazione e
tutele legali” con l’avvocato Andrea Ronchi ed infine “Licenze Creative
Commons e multimedia”, con Simone Aliprandi (responsabile del progetto Copyleft-Italia.it).
Al termine degli incontri, la tre giorni sulle autoproduzioni
multimediali indipendenti si è conclusa con i vinili di Bologna Calibro 7
Pollici e Folpower (Cannonball Allnighter).
Pubblichiamo i video del primo e del terzo incontro, l’audio del
secondo e le foto della giornata. Inoltre, mettiamo a disposizione dei
nostri lettori lo speciale di Zic con le riflessioni del nostro
giornale, di RadioAlSuolo e di Smk sul mondo dell’autoproduzione
indipendente.
> Scarica il numero speciale di Zic / Duepuntozero: pdf
(oppure leggi i testi in fondo a questa pagina)
(oppure leggi i testi in fondo a questa pagina)
> Guarda il video dell’incontro “Radio 2.0: info e musica in movimento”:
> Ascolta l’audio dell’incontro “Informazione e tutele legali”:
> Guarda il video dell’incontro “Licenze Creative Commons e multimedia”:
> Guarda le foto della terza giornata:
> I testi dello speciale cartaceo realizzato da Zic in occasione di Duepuntozero:
Era il 29 aprile 2009, quando mostravamo per la prima volta al pubblico il nostro primo
documentario lungometraggio: “La Resistenza Nascosta. Viaggio nella scena musicale di Sarajevo”. In quel preciso momento nasceva SMK Videofactory. Un progetto collettivo, un percorso autodidattico che ci ha permesso di individuare e sperimentare, in un’epoca di crisi economica e culturale, nuovi modelli di autoproduzione cinematografica, riuscendo a realizzare, tra i vari format video, anche 6 documentari lungometraggi:
documentario lungometraggio: “La Resistenza Nascosta. Viaggio nella scena musicale di Sarajevo”. In quel preciso momento nasceva SMK Videofactory. Un progetto collettivo, un percorso autodidattico che ci ha permesso di individuare e sperimentare, in un’epoca di crisi economica e culturale, nuovi modelli di autoproduzione cinematografica, riuscendo a realizzare, tra i vari format video, anche 6 documentari lungometraggi:
– La Resistenza Nascosta (2009)
– Tomorrow’s Land (2011)
– Una Follia Effimera (2012)
– Kosovo versus Kosovo (2012)
– Green Lies (2014)
– Vite al Centro (2014)
– Tomorrow’s Land (2011)
– Una Follia Effimera (2012)
– Kosovo versus Kosovo (2012)
– Green Lies (2014)
– Vite al Centro (2014)
Da dove si è partiti
Il desiderio di condivisione ma anche e soprattutto la consapevolezza
delle difficoltà concrete che i freelance e i creativi vivono in questo
momento storico sono ragioni importanti della nascita del nostro
gruppo. L’esigenza di creare un collettivo nasce da due necessità
complementari: da una parte, mettere in condivisione pratiche e saperi
volti alla creazione di opere audiovisive, dall’altra, provare a
sperimentare forme di produzioni orizzontali e dal basso per sviluppare
narrazioni politicamente e socialmente impegnate.
Tutto questo, in un momento in cui la forte precarizzazione del mondo del lavoro e le trasformazioni in atto in ogni tipo di mercato hanno reso più urgente la ricerca di nuove strade, sia lavorative che creative, spesso vanificando o rendendo molto difficili percorsi di reale autonomia e autodeterminazione. Per SMK i due livelli hanno finito con il coincidere: l’autoproduzione si sta trasformando in una sperimentazione di autoreddito e il processo politico ha finito con il pervadere le pratiche artistiche da cui siamo partiti (audiovisivi). La
necessità di sostenere delle opere ci ha fatto scoprire la necessità di costruire reti di relazione solide come premessa per la buona riuscita di una prassi tanto lavorativa quanto politica. In un momento in cui qualsiasi modello di business si fonda sul web 2.0, sul lavoro di integrazione di reti e sulla costruzione di network di utenze, abbiamo riscoperto il brivido di scommettere su pratiche di relazione e condivisione dirette, fondate sul mutuo riconoscimento, la solidarietà e l’orizzontalità come condizioni senza le quali di un processo di produzione partecipato e partigiano.
Tutto questo, in un momento in cui la forte precarizzazione del mondo del lavoro e le trasformazioni in atto in ogni tipo di mercato hanno reso più urgente la ricerca di nuove strade, sia lavorative che creative, spesso vanificando o rendendo molto difficili percorsi di reale autonomia e autodeterminazione. Per SMK i due livelli hanno finito con il coincidere: l’autoproduzione si sta trasformando in una sperimentazione di autoreddito e il processo politico ha finito con il pervadere le pratiche artistiche da cui siamo partiti (audiovisivi). La
necessità di sostenere delle opere ci ha fatto scoprire la necessità di costruire reti di relazione solide come premessa per la buona riuscita di una prassi tanto lavorativa quanto politica. In un momento in cui qualsiasi modello di business si fonda sul web 2.0, sul lavoro di integrazione di reti e sulla costruzione di network di utenze, abbiamo riscoperto il brivido di scommettere su pratiche di relazione e condivisione dirette, fondate sul mutuo riconoscimento, la solidarietà e l’orizzontalità come condizioni senza le quali di un processo di produzione partecipato e partigiano.
Dove si è arrivati
Da questo punto di partenza inizia tutto il ragionamento e la pratica
sperimentale: come riuscire ad autoprodurre documentari e film,
sganciandosi dalle logiche di produzione mainstream e contemporanemente
come avviare efficaci pratiche autodistributive che rendano sostenibile
il percorso? Nel 2011 SMK Videofactory firma il suo primo vero
documentario collettivo: Tomorrow’s Land, che racconta la storia
del Comitato di Resistenza Popolare del villaggio palestinese di
At-Tuwani. Con quell’esperienza il gruppo si affaccia per la prima volta
al mondo del crowdfunding. Utilizzando per la prima volta il portale di
Produzioni dal Basso vengono raccolti circa 250 coproduttori (sia in
rete che in serate di dibattito off-line). Il meccanismo è molto
semplice: 10 euro per ogni quota di coproduzione e 1 DVD del film per
ogni quota.
Gli strumenti usati sono semplici e per nulla nuovi: il meccanismo
del dono e la colletta popolare, riadattati e perfezionati all’interno
del web 2.0. L’esperimento riesce in pieno, permettendo cosi al gruppo
di portare a termine il lavoro di produzione del film. Il passo
successivo è stato quello rispetto all’autodistribuzione: attraverso la
costruzione di una fitta rete di circoli, centri sociali, sale d’essai
prende corpo il network che porterà poi alla nascita di Distribuzioni
dal Basso. A distanza di 2 anni Tomorrow’s Land rimane l’esperimento
fondativo delle pratiche di autoproduzione di SMK Videofactory: oltre
200 date di proiezione pubbliche in tutta Europa, 3000 DVD
autodistribuiti e decine festival (partecipati e o vinti) in tutto il
mondo. L’esperimento è riuscito. E la cosa importante è soprattutto il
fatto che è un modello diffondibile e utilizzabile da altre
realta emergenti sul piano nazionale.
La logica conseguenza è la scelta delle licenze Creative Commons.
Una scelta che risulta sia pratica che politica. Pratica, perché è
diventata un nuovo strumento di autodeterminazione culturale e creativa,
in un momento in cui è palese la totale inefficacia dei modelli di
copyright per i freelance e gli emergenti, che oltre non tutelare
affatto i “piccoli”, spesso divengono per questi un ulteriore ostacolo
da superare. Politica, perché rimarca la scelta ponderata di un modello
che privilegia la diffusione delle opere creative ai meri ed esclusivi
meccanismi di profitto. Distinguendo, senza averne paura, la
sostanziale differenza tra profitto commerciale e le formule di
sostenibilità e di autoreddito.
La
riflessione scaturita dagli esperimenti di autoproduzione ed
autodistribuzione porta a un ragionamento di ampio respiro
sul potenziale dei meccanismi di coproduzione popolare, di donazione e
rapporto responsabile con gli utenti e della forza che emerge sempre più
dall’utilizzo delle licenze Creative Commons. Il gruppo decide cosi, ad
aprile 2013, che è arrivato il momento per fondare Distribuzioni Dal Basso.
Il portale ha come obbiettivo quello di sostenere la circolazione di
film e documentari indipendenti realizzati dalla nuova generazione
di freelance, nata sull’onda del fenomeno Creative Commons e dei nuovi
meccanismi di produzione basati sul crowdfunding. In altre parole, il
tentativo è ora quello di stabilizzare il meccanismo di
autodistribuzione e di fare in modo che tante altre realtà indipendenti
possano usufruirne, andando graduatalmente a formare un network
nazionale di freelance.
Il futuro
La sfida a questo punto è rappresentata dalla capacità di rendere
sostenibili sul lungo periodo processi di inclusione sociale che
permettano la continuazione di un processo generativo di idee e di
rappresentazione critica della realtà senza che ciò resti una mera
opzione volontaristica e di sacrificio; in altre parole si tratta di
comprendere come rendere sempre più stabile questo percorso di
autoproduzione senza snaturarne il senso complessivo di matrice
“popolare” e “dal basso”, riuscendo nel medesimo tempo a mantenerlo
economicamente sostenibile pur facendolo crescere e maturare.
* * * * * * * * * *
Raccontare
un mondo mutevole e fluido come quello dei movimenti, dei
collettivi, dei centri sociali. E, al contempo, dare voce a chi non ce
l’ha mai, a chi paga il conto più salato della crisi, a chi è
ai margini, a chi subisce lo smantellamento del welfare. La sfida di
Zic.it, raccogliendo il testimone dell’esperienza cartacea di
Zeroincondotta, nasce da una necessità che sentivamo e sentiamo
non aggirabile per una città come Bologna: creare uno strumento di
comunicazione ed informazione che aiuti a dare spazio alle esperienze di
autorganizzazione ed autogestione, in modo trasversale e senza vincoli
di appartenenza o “di area” (esperienze di questo tipo, non c’è dubbio,
erano e sono preziosissime: ma secondo noi non sufficienti).
Uno strumento libero e indipendente che,
però, a queste caratteristiche imprescindibili sappia affiancare un
metodo in grado di fornire alcune giuste garanzie a chi cerca
informazioni, soprattutto in rete, dove il rischio di imbattersi
in approssimazione, “bufale” e overload informativo è spesso dietro
l’angolo. L’autoproduzione e di un giornale quotidiano
on line, dunque, come combinazione di sperimentazione e affidabilità, di autonomia e credibilità, facendo tesoro delle precedenti esperienze di mediattivismo ma cercando anche di superarne i limiti, attraverso la costante elaborazione di una “deontologia” (passateci il termine) tutta dal basso, incardinata su concetti e pratiche mutuate dai percorsi di autorganizzazione ed autogestione: orizzontalità del processo decisionale, cooperazione, condivisione dei saperi, scambio con l’esterno e capacità di tradurre l’eterogeneità in ricchezza. La redazione c’è, ma si vede il meno possibile.
on line, dunque, come combinazione di sperimentazione e affidabilità, di autonomia e credibilità, facendo tesoro delle precedenti esperienze di mediattivismo ma cercando anche di superarne i limiti, attraverso la costante elaborazione di una “deontologia” (passateci il termine) tutta dal basso, incardinata su concetti e pratiche mutuate dai percorsi di autorganizzazione ed autogestione: orizzontalità del processo decisionale, cooperazione, condivisione dei saperi, scambio con l’esterno e capacità di tradurre l’eterogeneità in ricchezza. La redazione c’è, ma si vede il meno possibile.
Dal 2007 ad oggi, così, sulle pagine di Zic
hanno trovato spazio, giorno dopo giorno, migliaia di articoli,
fotografie ed appuntamenti segnalati, centinaia di video e file audio:
materiale in massima parte pubblicato sotto Licenza Creative Commons,
che consente di condividerlo e rielaborarlo, escludendo però ogni
finalità commerciale. Un impegno, costante e volontario, premiato da un
numero crescente di visitatori e che in diverse occasioni ha anche
consentito a Zic di “bucare” il muro dell’informazione cosiddetta
ufficiale, costringendo anche i media mainstream a fare i conti
con notizie da noi pubblicate. Questo, però, non vuol dire affatto che
si sia delineato un modello compiuto, che non ha bisogno di aggiornarsi e
rimettersi in discussione. Tra vecchi e nuovi limiti, i miglioramenti
possibili non mancano e, allo stesso tempo, ciò che ci circonda impone
un confronto continuo con sfide inedite ed altrettanto inedite
opportunità.
Proviamo ad elencarne alcune:
– l’evoluzione tecnologica e del web 2.0
favorisce, ma allo stesso tempo impone, un’elevata capacità di risposta
sul fronte della multimedialità: in termini quantitativi, qualitativi e
di tempestività. Tenere insieme questi tre aspetti richiede competenze e
strumentazioni, per altro in continuo aggiornamento.
Un’indubbia ricchezza, da questo punto di vista, è rappresentata dalle
connessioni che vanno via via sviluppandosi con le altre esperienze di
comunicazione e autoproduzione che come Zic hanno casa a Vag61.
– l’impronta “citizen journalism” con cui
Zic ha inaugurato la presenza sul web ha faticato a trovare
sbocco, probabilmente superata dall’affermarsi della
“self-communication”. Come garantire forme di interattività
con i lettori, favorendo le condizioni per un loro contributo alla
realizzazione del progetto, senza modificare gli standard di qualità ed
affidabilità a cui cerca di attenersi? La mediazione redazionale,
attuata caso per caso, necessariamente limita le potenzialità “in
ingresso”. Più ampie quelle “in uscita”: la Licenza Creative Commons
permette a chiunque di condividere e rielaborare i contenuti pubblicati
su Zic.
– la trama di connessioni creata dai social network,
sempre più fitta e versatile, moltiplica esponenzialmente la velocità e
il raggio di diffusione dei contenuti. E’ necessario stare al passo:
per sfruttare al meglio le potenzialità di trasmissione di quanto
pubblichiamo; per non subire i tempi di una filiera della notizia che si
è sensibilmente accorciata. Questo, però, evitando il rischio di
“schiacciare” sul modello social la progettualità più articolata di Zic,
che trova nel sito la sua espressione organica.
– se la copertura e la diffusione delle
notizie riguardanti Bologna può dirsi consolidata, per ovvi motivi
appare più frastagliato il campo relativo alle informazioni provenienti
da fuori città. La natura prevalente di Zic è quella di quotidiano locale, ma quali sono i margini per tendere ad un allineamento?
– le pratiche dell’autoproduzione,
dell’autogestione e dell’autorganizzazione non sono sufficienti per
ottenere un quotidiano a costo zero. La gratuità d’accesso e l’assenza
di messaggi pubblicitari, d’altro canto, escludono le due
fonti principali di entrata per una realtà web. Intensificare i canali
di autofinanziamento, tradizionali e di più
recente diffusione (vedi crowdfounding), può consentire la disponibilità
di migliore e maggiore strumentazione tecnica (informatica e
multimediale), implementare il progetto, aumentarne la riconoscibilità
ed aprire eventuali percorsi di autoreddito che, se messi in atto con
intelligenza, potrebbero consentire di dedicare maggiori energie al
giornale.
– l’andamento delle visite rivela che Zic può contare su un’elevata fidelizzazione
dei propri lettori e su un graduale aumento del loro numero.
Compatibilmente con il già affrontato tema delle risorse a disposizione,
però, è sicuramente possibile migliorare la conoscenza e la
consultazione del giornale potenziando gli strumenti di promozione sia
off che on line.
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La
radio è stata, e noi crediamo abbia tutto il potenziale di esserlo
ancora, lo strumento delle più importanti rivoluzioni e
resistenze culturali e sociali. L’aspetto che ci ha coagulato attorno
all’esperimento, che costituisce questo progetto, è una peculiarità che a
noi sembra caratterizzare il mezzo radiofonico rispetto ad altri media,
ossia la sua capacità di favorire in maniera trasversale l’espressione e
la diffusione dei nuovi linguaggi giovanili e delle nuove forme
culturali. Non trascurando tuttavia alcune culture non mainstream del
passato che a noi sembrano avere, all’oggi, ancora qualcosa da dire.
L ‘autogestione come scelta politica e come
modus operandi. L’unica che a nostro avviso potesse rispettare
adeguatamente la sensibilità, che ci accomuna, verso il mondo; l’unica
che fosse in grado di veicolare contenuti musicali e politici, i primi
in grado di aprire un varco in quella che è l’offerta mainstream, i
secondi non dettati dagli appetiti mediatici del momento; l’unica che
potesse soddisfare il bisogno di realizzare tutto ciò in maniera
orizzontale e collettiva. L’autoproduzione come necessità: D.I.Y or DIE!
Ma da questa necessità cerchiamo di trarre dei punti di forza, ovvero
attraverso il passaggio informale di competenze ci appropriamo del “know
how” senza doverlo esperire con i ritmi imposti anche, e forse
soprattutto, nell’ambito dei media in questa società multitasking.
Dove vogliamo arrivare
L’obbiettivo è quello di essere un
collettore politico e culturale, mantenendo alta l’attenzione sui temi
che hanno finora costituito il cardine dei nostri interessi, ossia
aspetti sociali, culturali, d’informazione e d’intrattenimento a cui è
sottesa una visione partigiana e critica del reale.
Contraddizioni e limiti
Lavorare in maniera “hobbistica” diventa
una lotta quotidiana per riuscire a realizzare tutti i progetti che
desideriamo costringendoci ogni volta a confrontarci con la scarsità di
mezzi e risorse. Per approfondire alcuni contenuti infatti, sentiamo la
necessità di un grado di conoscenza che presuppone il tempo per
un’autoformazione continua.
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